Porgo a voi, cercatori di preziose sensazioni, vorticanti luci ed ombre come amanti liberi dalla paura, che spingete il vostro sguardo oltre la membrana della realtà, che affondate la vostra pelle pienamente nelle pareti delle illusioni riuscendo a trovarvi calore ed il freddo assoluto, i miei migliori auguri. Madre Terra compie un nuovo giro intorno alla sua vita, benché io non riesca a ricordare in che giorno iniziò. Festeggerò oggi il suo compleanno, con un sorriso la cui bellezza sarà il successivo sorriso, ponte sulla mezzanotte.
Il Principio - The Principle
Ognuno di noi possiede la verità, intraprende quindi il proprio cammino infinito per conoscerla. Questa è l'essenza del sentire, la luce dell'esistenza. Questo è il cammino che in ogni passo del sogno ci porta dal possedere la verità ad essere la verità. | Each of us possesses the truth, then undertakes his endless journey to know the truth. This is the essence of feeling, the light of existence. This is the path that in every step of the dream leads us from having the truth to being the truth. |
Monday, 31 December 2007
Monday, 17 December 2007
Il poeta umile
La poesia nata dai momenti sereni è rara quanto un umile sincero che, come la spiga di grano matura, sappia chinare il capo senza sottomissione. Per vivere pienamente e lenire il dolore, il poeta scrive, inondando pagine di bellezza come cura ed alimento per il suo intenso sentire. Nei momenti sereni, quand'egli ha soddisfatto i suoi desideri, si adagia e, non sentendone la necessità, trattiene la bellezza del momento che vive. Il poeta che scriva della bellezza di un desiderio già soddisfatto compie un gesto di grande umiltà verso la vita. Scrivo allora della bellezza dell'abbraccio e del sorriso che il mio abbraccio ed il mio sorriso hanno chiamato, della gioia intensa, della libertà interiore, perché per quanto ramingo e cercatore, ho trovato un lugo che adesso chiamo casa, e non si arrestano i miei passi, perché tale luogo cammina con me. Questo luogo magico, questa casa capace di sfiorare i miei passi, è l'abbraccio sincero e felice della mia compagna di viaggio. Parlo della bellezza intatta della sua poesia, dei silenzi che risplendono nella notte fredda, dove la sensazione del contatto riempie e scalda ogni pensiero. Parlo delle parole non dette, che sento fortemente. E sorrido.
Sunday, 16 December 2007
Si addormenta nell'anima
Si consuma la tragedia della falsa maschera, la bellissima d'alabastro, che nel nero del sangue infetto annega, mentre l'angelo avvizzisce nel vizio, ricercando nell'orgoglio un posto tra gli uomini, ma non sopporta l'umana malattia chi uomo non è, abbrutendo inesorabilmente, parzialmente cosciente del suo degrado. La colpa stringe nello stomaco al ritorno del sole, quando già nella piccolezza di una stanza buia cerca di filtrare il grido d'aiuto strozzato ch'egli avrebbe voluto pensare di essere stato un tempo capace di sentire nelle emozioni più profonde, quando ancora riteneva di poter ascoltarle chiaramente. E se fosse una tortura per la sua stessa purificazione e crescita? Può la perpetuazione estremamente assillante di un peccato essere forma di espiazione del peccato stesso? Gli occhi si fanno già stanchi, ormai non si sente nemmeno vicino a ciò a cui aspirava, lentamente perde l'ideale, per crollare in un angolo buio del mondo. Se fosse stato solo, si sarebbe salvato? Debole, impreca al cielo, finché anche questa droga perde effetto, si chiede allora se imprecare contro lui stesso sia ancora bestemmia. E si addormenta nell'anima.
Sunday, 2 December 2007
Trame di cartapesta
Perché ho visto e sentito e mi muovo come onda nel mondo, abbraccio tutto abbandonando l'idea di me per ritrovarla amica e compagna di viaggio, verso l'io che è io nel tutto e tutto nell'io. Cosa resterà di questo mondo meraviglioso e doloroso, dove inganni intricati e cristallizzati resistono all'infrangersi delle poche onde di chi cerca? Se vuoi un nuovo dolore, ho un immagine per te, ma è tanto fragile quanto il tempo che le resta da vivere. La meraviglia della tua esistenza è il fatto stesso che tu esista e riesca a sorridere mentre cammini su trame di cartapesta, sogni volubili nel vortice di pensieri globali, che si irradiano fino alla barriera dell'illusione, ritornano mutati dall'unione con la visione del tutto, pur esprimendo linguaggi che ancora non riesci a riconoscere. Ho visto trame bellissime, la meraviglia del modo in cui si formano, la loro inconsistenza percepibile, la loro eternità in mutevoli forme. Perdi l'idea di te per ritrovare il tuo vero io, navigando su trame di cartapesta.
Thursday, 29 November 2007
Riflessione petulante
Chi ribadisce in modo petulante un concetto tende a sovrapporre al desiderio di condividere tale concetto con gli altri il desiderio che gli altri mostrino approvazione.
Chi ribadisce in modo petulante un concetto tende a sovrapporre al desiderio di condividere tale concetto con gli altri il desiderio che gli altri mostrino approvazione.
Chi ribadisce in modo petulante un concetto tende a sovrapporre al desiderio di condividere tale concetto con gli altri il desiderio che gli altri mostrino approvazione.
Chi ribadisce in modo petulante un concetto tende a sovrapporre al desiderio di condividere tale concetto con gli altri il desiderio che gli altri mostrino approvazione.
Saturday, 24 November 2007
Pensiero della sera
E' un mondo difficile, dove i nemici cercano di mettertelo in culo e gli amici ci riescono.
Friday, 16 November 2007
Non credo nel credo che non creda in me
Non credo nel credo che non creda in me. Se credessi in un dio vorrei che tale dio credesse in me, non vi è dio in mente umana che sia privo di adoratori. Non credo al credo che imponga la coscienza dell'indegnità, la persecuzione dell'errore, la penitenza come base dell'azione. Sento che il credo a me più vicino sarebbe quello in cui si doni energia al desiderio di conoscere se stessi, di evolvere, di crescere camminando, di comprendersi vicendevolmente, muovendo ogni passo sul cammino che ha come base componente il rispetto, aprendo la propria mente, dimenticando il possesso in funzione dell'essere, comprendendo la vera natura dell'illusione, abbandonando le classificazioni di giusto e sbagliato in favore di discernimenti soggettivi e relativi, nobilitando la meraviglia della vita umana come sistema complesso di universi comunicanti ed apprezzabile solo dalla razza umana stessa, incoraggiando l'apprendimento dall'errore, la sincerità del pensare e del comunicare, l'esaltazione dell'individuo come universo infinito nell'insieme infinito di universi, che non porti la coesione del gruppo a perpetuare azioni il cui scopo tacitamente accordato e non consciamente compreso sia quello di lenire la paura cercando conferme nella condivisone di un credo solo per propria imposizione e non per profonda comprensione e sentire, nel tentativo di mettere a tacere il desiderio di verità che genera insicurezze e sensazioni di mancanza di solidità e protezione.
Così vedo intorno a me visi che mi rimproverano perché non perpetuo i riti che servano a rendere grazie al divino punitore, il benevolo che così creò le regole dell'universo per il mio stesso bene. Così vedo vicini a me visi tristi che credendo la mia via uguale alla loro via vedono i miei passi prendere una direzione sbagliata. Così vedo vicini a me visi tesi che celano il rancore di anni, nato dal non aver ottenuto dal cammino intrapreso ciò che chi mostrò loro il cammino promise come traguardo dello stesso, se avessero mosso passi esclusivamente nella direzione indicata dagli insegnamenti di colui il quale conobbe per primo la strada. Avrebbero accettato il messaggio nel quale credettero anche se il messaggero si fosse rivelato diverso da come lo desideravano o avrebbero forse reso inscindibili messaggio e messaggero, così come avrebbero forse reso inscindibile ogni messaggio o porzione di esso da ogni altro messaggio? I passi compiuti in funzione di un desiderio che non sia quello del proprio vero io o su una strada che non sia quella del proprio vero sentire, cercheranno un giorno di ritrovare il loro equilibrio, nella loro relativa verità dell'essere. Così vedo demoni ed in loro scorgo angeli giudicati. Così vedo desideri messi a tacere ed i demoni che un giorno diverranno, come conseguenza della prigionia e della tortura, della privazione della loro libertà di essere ed esprimersi e del loro diritto ad essere compresi anche se non soddisfatti.
Credo nel credo che non sia solo un credo, bensì il dinamico fluire di infiniti credi, credo nella rete di vite, nell'evoluzione dell'io attraverso la conoscenza di se stessi come base di ogni conoscenza ed evoluzione. Credo nel credo sincero della verità.
Così vedo intorno a me visi che mi rimproverano perché non perpetuo i riti che servano a rendere grazie al divino punitore, il benevolo che così creò le regole dell'universo per il mio stesso bene. Così vedo vicini a me visi tristi che credendo la mia via uguale alla loro via vedono i miei passi prendere una direzione sbagliata. Così vedo vicini a me visi tesi che celano il rancore di anni, nato dal non aver ottenuto dal cammino intrapreso ciò che chi mostrò loro il cammino promise come traguardo dello stesso, se avessero mosso passi esclusivamente nella direzione indicata dagli insegnamenti di colui il quale conobbe per primo la strada. Avrebbero accettato il messaggio nel quale credettero anche se il messaggero si fosse rivelato diverso da come lo desideravano o avrebbero forse reso inscindibili messaggio e messaggero, così come avrebbero forse reso inscindibile ogni messaggio o porzione di esso da ogni altro messaggio? I passi compiuti in funzione di un desiderio che non sia quello del proprio vero io o su una strada che non sia quella del proprio vero sentire, cercheranno un giorno di ritrovare il loro equilibrio, nella loro relativa verità dell'essere. Così vedo demoni ed in loro scorgo angeli giudicati. Così vedo desideri messi a tacere ed i demoni che un giorno diverranno, come conseguenza della prigionia e della tortura, della privazione della loro libertà di essere ed esprimersi e del loro diritto ad essere compresi anche se non soddisfatti.
Credo nel credo che non sia solo un credo, bensì il dinamico fluire di infiniti credi, credo nella rete di vite, nell'evoluzione dell'io attraverso la conoscenza di se stessi come base di ogni conoscenza ed evoluzione. Credo nel credo sincero della verità.
Friday, 9 November 2007
Sono stanco
Se bruciando di nero resto immobile, non vinco. Perdonami maestro. Se bruciando di oscurità mi dimeno, sono debole. Perdonami maestro. Se bruciando di oscurità cammino per le strade sincero nella mia debolezza, fermo nel mio credere, cosciente del mio illudermi, allora non mi interessa di vincere, non mi importa se sono debole. Addio maestro.
E tu, maestro, sai che tornerò.
Se tratto il me di un istante come uno stupido nel successivo, sono come il genitore che giudica inezie i problemi del figlio piccolo, nonostante il grande dolore che questi prova. Ed i primi dolori del figlio saranno fortemente impressi nella sua memoria incosciente. Egli non avrà chiesto compassione, ma comprensione.
Così avanzo, in questo nero periodo, dove anche il mio corpo decade disfacendosi con la lentezza vitale degli alberi, sotto fiamme inconsistenti, petali e foglie, nere piume, pelle che brucia.
E non vi è contatto nel sonno, non vi è lo sfiorar di pelle, reale o sognato, non vi è la paura in questo dormire mentre cammino per le strade di questa strano giorno di sole intenso sotto nuvole nere, vedo cristallizzato ogni istinto di fuggire, cristallizzato ogni timore animale, immobile la struttura del mio essere percepibile, ma del fiume interno all'oceano, delle correnti che si avvelenano con carcasse dei miei pensieri, non voglio sapere, né vedere, il fiume verde nero, putrido gorgoglio che mulinellando si restringe verso luoghi ignoti e profondità che temo atavicamente.
Sono stanco... non toccarmi... lasciami dormire...
E tu, maestro, sai che tornerò.
Se tratto il me di un istante come uno stupido nel successivo, sono come il genitore che giudica inezie i problemi del figlio piccolo, nonostante il grande dolore che questi prova. Ed i primi dolori del figlio saranno fortemente impressi nella sua memoria incosciente. Egli non avrà chiesto compassione, ma comprensione.
Così avanzo, in questo nero periodo, dove anche il mio corpo decade disfacendosi con la lentezza vitale degli alberi, sotto fiamme inconsistenti, petali e foglie, nere piume, pelle che brucia.
E non vi è contatto nel sonno, non vi è lo sfiorar di pelle, reale o sognato, non vi è la paura in questo dormire mentre cammino per le strade di questa strano giorno di sole intenso sotto nuvole nere, vedo cristallizzato ogni istinto di fuggire, cristallizzato ogni timore animale, immobile la struttura del mio essere percepibile, ma del fiume interno all'oceano, delle correnti che si avvelenano con carcasse dei miei pensieri, non voglio sapere, né vedere, il fiume verde nero, putrido gorgoglio che mulinellando si restringe verso luoghi ignoti e profondità che temo atavicamente.
Sono stanco... non toccarmi... lasciami dormire...
Per rivedere la luce
Per rivedere la luce dovrò rinascere nell'oscurità. Vedendola intorno a me, mi renderò conto del fatto che da me starà uscendo, che fino ad allora non l'avevo vista perché risiedeva in me, là dove non guardavo. E' tempo di rinascere. Ancora.
Thursday, 1 November 2007
Ti stai sciogliendo, con tutto.
Sono la fossa larga per l'eco delle tue menzogne, sono il mare d'emozioni nel quale ti confondi, felice di sbagliare. Sono la sensazione del lenzuolo che ti copre mentre ti distendi nel sonno e cerchi l'abbandono che ti neghi sotto la luce del sole che hanno dipinto per te. Sono le mille e una luna che io stesso ho desiderato e che di riflesso ti illuminano, perché tremi, tu tremi ed io sorrido come se fossi felice, come se comprendessi. Sono il silenzio, stupendo e troppo vero da accettare, l'arte ultima del nulla nell'essenza più viva. Io sono e sciolgo, perché tutto è uno e uno è tutto. Sono l'evidenza nello specchio che accusi, sono l'amore stupendo nell'istante prima di morire, sono il primo sorso d'acqua quando la sete cancella i tuoi pensieri, con un suono incessante che è tanto forte quanto il silenzio che rompe. Sono le mille venature nascoste nel tuo sguardo, in ogni immagine riflessa ed inversa per la tua conoscenza, i colori che non accetti di vedere in ogni sincera visione di te. Sono il piccolo verme, l'umile lavoratore della terra, per te che ti senti anima stupenda nell'apprezzare la bellezza dei fiori, per te che ti senti rinascere perdendoti nel suono delle onde di vento tra i rami alti. Sono l'ultima goccia di meraviglia della tua infanzia perduta per tacita scelta. Sono la scheggia sconosciuta nella tua pelle, che attende quell'unico movimento che ti farà soffrire, sono il tremore della luce sulla tua pelle quando non puoi sopportare la tua stessa vita, sono l'infantile bisogno di tuffarti in qualcosa di vero, nella moltitudine di piccole bellezze semplici che ti proteggano, che ricordino a ciò che dimentichi la sua vera essenza. Sono lo stridente imprevisto nel tuo passo quotidiano. Sono lo straniero che le tue parole proteggono ed il tuo sguardo denigra, sono la realtà appesa per i piedi che ancora ride sotto la tua tortura. Sono la fine della storia, le ultime otto pagine del tuo racconto, gli ultimi cinque battiti di ciglia mentre sai che stai finendo di leggere. Sono la terra secca che brama l'acqua ed in silenzio attende, sono la fatica nel tuo ultimo giorno di vita, sono l'immagine della quale non vuoi sentire il suono, perché nel suono mi troveresti. Sono la fragilità del tuo mondo e l'incredibile equilibrio che ti ha permesso di svegliarti anche oggi. Sono l'innocenza ferita dall'ipocrisia, la leggera sfumatura di sesso in un bacio paterno, la brace del desiderio che attende di esser fiamma, il numero sbagliato pescato dal cappello delle tue stesse possibilità, guardami bene, porto la tua firma in calce. Sono il patto col diavolo che ti dannerà, quando scoprirai di essere il diavolo, sono la catena della redenzione che finalmente si spezza quando ti risveglierai con gli occhi del dio che hai dimenticato di essere, sono il tuo potere visibile che non guardi, sono l'osservabilità dell'acqua, nella luce e nel movimento non scompari, eppure ti distorci per come vuoi ricordarti. Sono lo spazio vuoto tra l'origine della tua stessa proiezione e l'immagine finale per i tuoi ricordi, sono il viaggio del suono nel tuo corpo, sono la cascata di sensazioni alle quali non presti attenzione. Sono il pugnale nascosto nella mano della banalità che giudichi, sono la rivoluzione del figlio che non credevi possibile, sono il popolo che accusa contro la tua tirannia quando pensavi di essere il ladro che rubava nel mercato per sfamare la tua giustizia. Sono l'ombra nascosta dietro ogni tuo trono di velluto, sono la risata silenziosa che incrina la tua sicurezza quando credi di esserti nascosto bene. Sono l'abbraccio che aneli, ma non comprendi, sono l'unico amore che non possederai, sono l'unico odio che non ucciderai. Sono la malattia che cova in te per liberarti, sono l'istante in cui tutti ridono di te, sono la liberazione, l'istante in cui prendi piede in una prigione molto più larga. Sono la continuazione incessante che inonda il tuo dire basta, sono l'impossibile che si manifesta tra le tue braccia e ti trafigge. Sono la piuma che cade nella polvere sporca, tra la merda ed il piscio dei tuoi emarginati, mischiata a quella dei tuoi bei animali. Sono la colomba bianca ed il piccione morto sul fianco del tuo marciapiede. Sono il riflesso luminoso del lampione sopra la bella con le calze a rete nel freddo della tua notte metropolitana, sono il seno sporco della mendicante, sono l'odore pungente nel vento imprigionato. Sono il dito del bambino sui tuoi grilletti, sono la mano del padre che accarezza la figlia, sono la mano del padre che scende. Sono gli occhi della meraviglia pura, sono gli occhi rossi e umidi della tua meraviglia nuova. Sono l'attesa di un dopo. Sono il sudore nascosto e lavato. Sono la prima ferita dei tuoi figli, sono l'ultimo dolore di tua madre. Sono l'urlo della partoriente, sono il piacere nella forma del suo viso, sono l'atavico ricordo che lega quell'urlo a quello che udisti e accompagnasti nell'orgasmo per la tua prole. Sono lo scherno dei compagni di classe e la poca importanza della cosa per gli adulti. Sono la tua solitudine nella solitudine del mondo. Sono la terra e l'acqua, il cielo, ti vedo innamorarti. Immagina l'odio che ho provato sapendo che sei capace di amare tanto quanto di provare ad uccidermi. Sono la verità nascosta che celi o dimentichi. Guardami senza vedermi. Ricorda ancora, sono te. E ti stai sciogliendo, con tutto.
Thursday, 18 October 2007
In quanto essere umano io dico
In quanto essere umano io dico:
Amate, non abbiate paura di soffrire, non abbiate paura di essere umani ed amate, pienamente, liberamente, siate sinceri con voi stessi e amate veramente.
Amate, non abbiate paura di soffrire, non abbiate paura di essere umani ed amate, pienamente, liberamente, siate sinceri con voi stessi e amate veramente.
Wednesday, 10 October 2007
Non bere questo veleno
Ciò che vedo non è ciò che è. Ogni sentimento ed emozione è la risposta a ciò che dipingo e credo. Quante pennellate ogni giorno? Quanto prima che decida di strappare l'ennesima tela? Scivolo, sento la mano pregna del mio colore, sulla tela che qualcuno mi ha regalato, forse dipingendo un capolavoro, forse rovinandola. Non bere, non bere questo veleno, non fermerà il tuo cuore, non si accasceranno le tue membra, non diverrà di alabastro il candore del tuo volto, non lascive le tue braccia, non rosse di sangue le tue labbra prima di stingere nel viola livido dei ricordi che evaporano. Non bere questo veleno, perché ti piacerà, non bere questo veleno, perché ti ferirà, non bere questo veleno, nel quale intingo le mie dita per dipingere espressioni sul tuo volto, che solo io vedo. Un'altra illusione attraverso la quale crescere, sto cambiando e ritornando, continuamente. Non bere questo veleno, perché con esso io non ho potere su di te, ma tu lo hai attraverso me, goccia dopo goccia.
Rivoluzione dell'Informazione
Oggi la rivolta e la rivoluzione, non si combattono con la fiaccola ed il forcone, ma con la libera informazione, priva di filtro e strumentalizzazione.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, sono scivolato ovunque, sorridendo.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, ti ho vista danzare ovunque, sorridendo.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, abbiamo giocato sulla soglia dell'amore.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, ti ho vista danzare ovunque, sorridendo.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, abbiamo giocato sulla soglia dell'amore.
Per perderti non cammino, per tenerti non resto immobile, resto sereno nel presente, ma la mia ombra si allunga al calare del sole, verso un tempo in cui non distinguo la tua immagine, ombra desiderata tra le ombre.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, fluisco di energia nei giorni, tra onde che adesso mi portano qui.
A volte vorremo amare noi stessi come crediamo di amare qualcuno.
Danzando immobile, con sguardi di silenzio, fluisco di energia nei giorni, tra onde che adesso mi portano qui.
A volte vorremo amare noi stessi come crediamo di amare qualcuno.
Monday, 8 October 2007
Società attuale
Ormai credo difficilmente alle teorie del complotto. Ritengo che siano fin troppo spesso un comodo mezzo per delegare la responsabilità del malessere della società. Additare ad ignoti il controllo e dipingerci come vittime non risolve il problema. Ammesso che ci sia realmente un problema. Non stiamo forse bene così? La società attuale è basata sul desiderio, ma non sulla sincerità del desiderio stesso. Il problema sussiste per via delle nostre menzogne verso noi stessi. Chi è realmente disposto a togliersi i vestiti, licenziarsi dal lavoro, perdere le sicurezze e la comodità di potersi lamentare di ignoti responsabili nascosti, di crudeli manager senza scrupoli e regnanti oscuri e nascosti assetati di qualche desiderio ignoto che vada al di là del potere e dei soldi? Troppi film o semplicemente troppa voglia di crederci? I manager crudeli esistono, così come magari esistono le cospirazioni ed i segreti, ma la responsabilità per la nostra vità dipende da noi, dalle nostre scelte all'interno della gamma di quelle disponibili e, soprattutto, alla capacità di vederle, nel loro numero infinito, ma preciso. E adesso un po' di silenzio, per piacere.
Saturday, 6 October 2007
Piccolo Passo Sincero
A volte ci convinciamo di essere ciò che vorremmo essere, non accettando ciò che veramente siamo, perché crediamo che gli altri si mostrino per ciò che realmente sono ed in base all'altrui giudizio ed al giudizio verso gli altri modelliamo la nostra capacità di accettarci. Impariamo a sentire la nostra sincera verità prima di pretendere di saper sentire quella degli altri.
Sunday, 30 September 2007
Frammenti
Sei contemporaneamente proiezione ed essere originale. Sei infinite vite. Esatte. Perfette. Sei ad infinite distanze ovunque, in infinite forme diverse, infiniti esseri diversi di diverse essenze e nature, in tempi e luoghi diversi, uniti in un archetipo originale del vostro essere. Evolvi insieme al tuo fratello lontano, che non potresti nemmeno immaginare, in mondi che non riusciresti a comprendere, ed ogni suo passo è un tuo passo. Contemporaneamente muovi un passo insieme ad un fratello di un tempo remotamente passato, contemporaneamente lo calchi preparandoti per un nuovo passo con un fratello di un tempo remotamente futuro. Senti il fremito emozionale di un essere che prova emozioni che non ti apparterrebbero mai, ed egli è te, in un luogo lontano nel tempo e nello spazio. E le sensazioni silenziose che vi legano superano i limiti che vi separano. Sei un frammento.
Thursday, 20 September 2007
Il tuo centro nel centro del mondo
Ricordati che tu sei il sogno e colui che lo vive, ogni cosa è tua proiezione. Riprendi il tuo centro, trova un posto sereno in te e fuori di te, respira con calma, accetta il piacere di sentirti parte del mondo, non della società umana, ma in profondo contatto con l'energia dell'universo. Metti le mani per terra, in un prato. siediti, accovacciati, e respira. Non potrai mentire alla terra, ed essa ti insegnerà a riconoscere le menzogne verso te stesso. Respira l'aria tiepida, immagina una cascata infinita di acqua limpida che sgorga dal centro del tuo essere, quando chiudi gli occhi, immagina che si espanda sul terreno e venga assorbita, immagina che una gentile pioggia, da un cielo sereno di poche nuvole bianche, ti accarezzi mentre cadi con l'acqua in movimento. Espanditi ovunque, silenziosamente, senza disturbare nessun equilibrio, espanditi e riprendi il tuo centro nel centro del mondo.
Thursday, 23 August 2007
Il seme ed il tutto
Un fiocco di neve cade nella tua mano. Si scioglie gocciolando a terra, fluisce assorbito in essa. Una sua parte raggiungerà una nuova forma dell'esistenza nella linfa dell'erba, traspirerà nell'aria, volando accompagnata dal vento, fino a raggiungere il cielo, per tornare alle nuvole. E rinascerà in migliaia di gocce di pioggia e sarà parte di altri fiocchi di neve e forse cadrà nuovamente nella tua mano. Sei in ogni cosa ed ogni cosa è in te, come puoi sentirti solo? L'albero si nutre della terra e la terra si nutre della pioggia. Un tempo era un seme, piccolo, più piccolo della punta delle tue dita, ora non riesci ad abbracciarlo per intero. Non era già tutto nel seme, tante vite, tante energie, sole vento e pioggia, morte e rinascita di tante esistenze hanno donato forza al cuore sotto la sua corteccia e colore e forma alle sue foglie, nutrendosi ha intrecciato i suoi rami, seguendo il sole, abbandonandosi al vento. Ma il suo seme era unico, così, pur nutrendosi del mondo intorno a lui, egli è unico. Così anche tu ti nutri, il tuo corpo si nutre della vita e dell'esperienza sulla sua pelle e dentro di esso, si è costruito ed è cresciuto grazie alla vita che lo circondava, così la tua mente si nutre dell'esperienza, del pensiero altrui, della conoscenza comunicata e appresa, del desiderio, delle emozioni che comunicano con altre emozioni, con immagini e suoni, con la vita nella luce e nell'oscurità, così il tuo spirito si nutre di cammini, nella fitta rete dell'esistenza. Sei il risultato di tante cose, nessuna era tua prima che tu la facessi tua. Eppure il tuo modo di fare tua ogni cosa, il tuo modo di nutrirti e di trasformare il nutrimento in energia e vita, il tuo modo di percepire, assimilare ed elaborare pensiero ed esperienza, è unico. C'è un seme originario in te, un seme nato dal tuo vero io, per la tua esistenza, la prima goccia del tuo oceano. Sei una goccia trasportata in un fiume che sta imparando a comprendere di essere il fiume intero, stai imparando a comprendere la verità che è sempre stata tua.
Wednesday, 22 August 2007
Messaggio nello specchio
Perché vidi il messaggero, distolsi lo sguardo dal messaggio, stupidamente. Specchi sporchi di tempi antichi, bellissimi nella loro superficie annebbiata, dai tratti scuriti degli angoli e dei bordi, la polvere che, al tatto, sembra aver trovato il segreto per passare dall'altra parte, i colori spenti paiono mostrare d'ogni persona un quadro, fedele ad una realtà invisibile di poesia profonda che dolorosamente copre ogni cosa, di malinconia per una vita persa, il cui volto triste sembra imprigionato. E se fosse triste perché vede la nostra prigionia?
Colori Perduti
Cresci, la tua pelle, la tua carne, da elastica si inaridisce, secca come terra arida, solcata dall'esperienza, e l'acqua della vita penetra e lava via i colori che nacquero dal riflesso interiore di occhi meravigliati. Riesci a salvarne alcuni, li chiudi in fondo in un baule, che sommerso tieni in te e troppo profondamente risiede l'antro del suo riposo, troppo difficile pare poterlo raggiungere, aprirlo per usare quei colori. Se solo tu lo chiamassi a te, ricordando che anche quel baule è te stesso.
Monday, 30 July 2007
Il prezzo della libertà
Molti non vogliono essere liberati. Molti preferiscono continuare ad essere sfruttati come burattini in mano ai burattinai, preferiscono non dover sopportare il peso della libertà e dell'indipendenza, preferiscono essere consumati dal sistema al quale sono assuefatti ed essere gettati via quando inutili, pur di avere la garanzia di non dover pensare a niente, di non dover scegliere con la propria testa in totale sincerità e libertà, preferiscono essere condizionati a guidati, se possono non doversi procurare le idee con fatica e con le proprie forze. Preferiscono la menzogna comoda alla verità libera, in un tacito accordo. Molti non vogliono salvare loro stessi, perché nella libertà non vedono salvezza, bensì dannazione. Molti non vogliono sapere la verità, perché con essa sarebbero liberi. Non fidatevi di chi viene per salvarvi, nessuno può farlo al posto vostro.
Saturday, 21 July 2007
Polvere nel vento
Perso, come una foglia morente impigliata in un lembo di vento, amante del vuoto inebriante, trascendente dall'umano limite del concetto nei sensi, inarco la schiena, rilascio le braccia sopra la testa, allungandole a completare la forma. Anima oltre l'anima, essenza primaria trascendente l'origine, scelgo la mia forma umana come ricordo in questo cadere contemporaneamente in ogni direzione, immobile. Respiro tempo, lo assimilo giocando con onde di spazio, espiro un sorriso nel piacere di essere ogni cosa, mentre l'essere mi avvolge cantandomi in poesia di esistere nel centro del mio io, di essere in me, di essere me. Sono il sorriso nel viaggio di un amante verso l'amore, sono la prima goccia di sudore che si unisce alle lacrime della commozione di due amanti che sentono l'emozione della loro unione, trascendendo la paura del passato e del futuro, per essere un istante eterno. Nella bellezza dell'aria che si riscalda sulle loro labbra, accompagnando ogni onda di movimento che si estende oltre l'illusione del tempo, coprendo l'esistenza stessa, piango la meraviglia di ogni canzone ricordata dal vento che respira la nostra polvere nei secoli del nostro dolore, attendendo la rinascita del nostro essere e conoscere, sorridendo la bellezza di ogni fiore che perde un petalo nel vento di un cielo limpido, una lacrima per ogni piccola mano che si abbandona nell'abbraccio di una madre disperata, ascoltandone l'odore, per lasciarmi trafiggere dall'immensità del suo amore, nell'ultimo respiro del frutto del suo grembo. Ogni battito del cuore, suono nel ricordo della mia vita, bacia la meraviglia negli occhi di un bambino, che tutto sente, che ancora vive con lo sguardo nella verità. Piangimi, amore mio, piangimi sempre e sorridi nel tuo vivere immenso, perché non ho avuto paura di amarti. Gioisco ansimando nel dolore di ogni amante sincero che scivolò via da un abbraccio respirando l'odore delle lacrime gentili come frammento del racconto che corre sui popoli, sulle idee, sui pensieri, sopra le cime degli alberi più fieri, dove il sole ancora spera, dove l'uomo ancora torna se stesso, sulle vette più alte dove la pioggia congela le sue poesie in bianchi manti di vellutate carezze ed onde su frastagliati picchi tagliati dal vento, dalla profondità vitale dell'acqua che la sua storia scrisse sotto il cielo. Avrei sempre voluto essere il vento. Sono vento. Volo immenso sulle tue città, e piccolo e tiepido sulla tua pelle, tra tutte le voci dei ricordi del mondo, sento adesso la tua ed eternamente ricorderò la mia, perché non vi è verità nell'amore che non sia la verità di chi ama. Sul dolore dei vostri occhi, sui segni profondi delle vostre fronti, solchi profondi sui visi, vi vedo, vecchi, nel vostro vestito nero, nel vento di polvere dei vostri sorrisi celati dal pianto, e posso credere di amarvi ancora. Allargo ora le braccia, le dita sono il suono di infiniti violini, un'orchestra di infiniti strumenti il mio silenzio, eppure sentite la mia musica. Per un istante mi sono perso, un'eternità celata nell'ultimo sguardo che si vide riflesso in quegli occhi che accanto a me si risvegliarono. Goccia nel fiume, il mio amore volò facendo seguire la sua ombra accarezzando la forma mutevole delle piccole onde nel veloce fluire verso l'oceano dalla memoria senza fine. L'ape esce dalla finestra, verso fiori veri, lasciando la sua immagine immobile sul dipinto dai petali sgargianti, il sole gioca con l'ombra delle foglie, accendendosi tra i rami, nel mio sguardo che vola libero, respiro l'odore del mondo, assaporandone la vita. Accarezzo distese di steli d'erba, giocando con l'immagine della musica in onde di chiaroscuri, nel mare verde delle colline, librandomi poi più in alto, dove posso sentire la voce dei ricordi futuri. Piango un mondo più grande di me, dove sono tutto, un ultimo gesto, una carezza svelando un sorriso, oltre il vostro sguardo, l'illusione dei vostri desideri impastati di menzogne, vicino al sorriso di chi coglie l'attimo per amare, sarò la vostra polvere.
Grazie, per la poesia e la bellezza
Grazie, per la poesia e la bellezza, l'intenso sentire di una notte che si stende su giorni e giorni, anche sotto il sole, senza paura di mostrare il suo aspetto, col terrore di mostrare la sua essenza. E sì, grande è la sensazione che provo, mi inebria, e finirà, forse, ma l'avrò vissuta e non desidero piangere prima del tempo di quel pianto a cui potrei pensare. Il desiderio di un abbraccio. Il ricordo del suo spazio, desiderio, sogno...
"Non mi lasciare qui,
tra queste nuvole,
in questo mare che
diventa polvere,
nessuno cerca te,
tutti ricordano,
ognuno crede di
poterti prendere,
con gentilezza poi
prova a tirarti a se,
chi abbia ragione io
non so decidere,
il vento passa e
sento il respiro, ma
mentre attraversa so
che lui non sente me,
io non ti aspetto mai
vago tra lacrime,
se resto fermo sai,
ti vedo scendere."
E mi ritrovo a pensare
E mi ritrovo a pensare, un istante nell'attesa di partire, prima di sorridere ai passi dietro di me pensando di sorridere al me stesso che sorriderà ai passi che compio adesso, nel mio continuo divenire. Non vi è più spensieratezza nella profondità del pensiero che serio solca il volto in un sorriso d'altri tempi. Se di nuvole in goccia potessi esser idea, pioggia tra le mani vorrei scrivere, per un sole sereno che attende di sorgere, per una notte che attende le stelle di scorgere, per il silenzio dei suoni tra due gocce vicine, cristalli dell'istante, infranti d'emozione verso morte e rinascita, ritrovandosi in una vena trasparente che solca la foglia e sillaba in fondo nuove vite, per nuovi suoni dalla terra amati. Sorridi, di bellezza inebriato, dal fascino colto, volteggiando a nascondere la voce che racconta storie che non vuoi sentire e premono nel tuo stomaco per uscire.
Sunday, 8 July 2007
Nel cammino
Al di là delle illusioni si trova la verità. Attraverso le illusioni si trova la conoscenza.
Friday, 6 July 2007
Oracolo
Io sono come l'oracolo, che diventa la vostra voce quando non avete il coraggio di parlare a voi stessi, e non parlo mai di verità assolute, ma voi parlate delle vostre attraverso me. Io sono come l'oracolo, che vi racconta una verità che avete sempre saputo, ma mai compreso. Io sono come l'oracolo, che non conosce se stesso, ma continua nel suo cammino, mentre gli altri conoscono loro stessi attraverso il riflesso in questo mondo di illusioni. Io sono un'illusione ed una verità. Io sono un'essere umano e penso che sia immenso esserlo.
Nell'abbraccio dell'emozione io cado
Nell'abbraccio dell'emozione io cado, chiedendoti se credi che io sia innamorato. Come puoi capirlo senza conoscere l'amore? Ma l'amore è ed allo stesso tempo è in noi, ognuno lo vive per ciò che crede e sente, egli è oltre la sottile linea che noi poniamo, prima di essa e da nessuno dei due lati. Così cado nella felicità, senza dimenticare la poesia che raramente nasce dalla gioia, ma più profondamente nasce dalla vita che sembra fragilità nel dolore. Offro a me stesso immagini per me, per te e per noi. La perfezione che si nasconde nelle trame che fluiscono prima dell'espressione di ogni nostro gesto, là dove la storia si scrive per noi, eppure siamo noi ad essere adorati dal nostro io che per noi scrive. Sciolgo le mie parole sull'emozione ed essa permea nell'immagine. Immensi fiumi invisibili scorrono impetuosi fuori dalla finestra, riempiendo le strade fino alle montagne, ricoprendo ogni via. Rapidi fluiscono migliaia di piccoli colibrì neri seguendo la corrente, verso l'ombra di alberi più alti di ogni nostro pensiero. Tra le immense fronde si irretiscono i nostri desideri, che nella ricerca della felicità trovano riposo prima dell'orizzonte. Cadiamo in ogni direzione, più veloci del pensiero, sinceri come l'emozione, incompresi come il desiderio. La notte si riempie di noi, racchiusa nel battito di un abbraccio, per un cuore che ha ancora desiderio di imparare in ogni respiro, per occhi che sanno ancora meravigliarsi. E non vi è poesia più grande della sincerità, non vi è meraviglia più grande di ciò che già vediamo volendo guardare. Se corri su prati immensi in vallate soleggiate, mentre lasci la tua poesia fluire su intoccabili distese di neve sotto una luce di luna grande, scivolando come vento tra i tronchi degli alberi, assaggiando il freddo della neve, cercandone il sapore che in realtà la neve ritrova in noi, raccontandocelo nel suo lento morire al nostro assaggio, se ancora credi che crescendo ritroverai sempre la voglia di non perderti, senza la paura di perderti sempre in te, se correndo nel mondo amerai te stessa e amata dal mondo lo amerai sinceramente, se tra infinite possibilità corri trovando quelle che sono tue, infinite, ma tue tra le tante, se ancora mi sorridi in questo giorno la cui notte meravigliosa non trova fine, poiché ogni giorno cola come sabbia liquida in spirali di respiro nel vento verso la luce che lievita sfumando nel cielo, svelando la notte come cielo originario del desiderio, se ancora accresci il tuo sentire in ogni abbraccio, se ancora non hai bisogno di me, e non desideri averne, ma mi abbracci come se mi amassi, allora ti ringrazio, profondamente, sinceramente, per i sorrisi che mi hai permesso di far nascere nel silenzio del nostro gioco di sguardi. Per noi.
Wednesday, 4 July 2007
Alla fine del viaggio
Alla fine del viaggio, dopo che gli spettatori avevano già smesso di guardare perché restavano solo i titoli di coda, vidi emergere dal buio una linea luminosa. Poi un'altra che si incrociava con essa e lentamente altre, accendendosi come dei neon su cui scivolavano rapidi impulsi di luce. Vidi infine la fitta trama che tutto univa. Ogni parte del viaggio, ogni granello di polvere sulla strada, ogni incontro, ogni emozione. Vidi la complessità farsi semplice, le trame farsi chiare e mi accorsi di osservare me stesso.
Saturday, 30 June 2007
Thursday, 28 June 2007
Goccia nel fiume
Una goccia originale in te, tua e tua soltanto, il tuo io, la tua anima, il tuo sogno originale oltre l'infinito dei sogni concentrici, dalle il nome che preferisci. Il resto del tuo oceano, che così poco conosci, è costruito attraverso la vita e le vite nell'esistenza. Sei ciò che hai vissuto, il tuo carattere, le tue idee, il tuo corpo, si sono sviluppati vivendo nell'interazione con altri universi, persone, pensieri, libri, immagini, parole, musica, emozioni... una foglia che cade ad un passo da te, col suono dell'aria che sposta, anche senza che tu la veda, influisce su di te. Sei una goccia d'acqua in un fiume che rapidamente scorre e segui involontariamente ogni curva, ogni cascata, incontri passivamente ogni ostacolo... quando ti ricorderai che ora percepisci il fiume intorno a te, solo perché sei il fiume che impara a conoscere se stesso?
Se svegliandoti sogni
Se svegliandoti sogni, se da un sogno ti svegli in un incubo, se da immagine ad immagine ti perdi, se non ritrovi la via e la paura lascia spazio alla stanchezza, se hai paura di dormire e accetti di soffrire pur di non addormentarti ancora, respira, respira, respira, lentamente, cerca in te un sogno felice, la tua vera veglia, nel tuo cammino verso te stesso, addormentati in te per svegliarti nel sogno da te stesso creato. Non vi è gioia più grande di quella che deriva dell'amore. Non vi è dolore più grande di quello che deriva dall'amore. Amati e vivi.
Saturday, 16 June 2007
Prima del risveglio
Perché il nero groviglio di tentacoli voleva solo comprendere ed essere compreso, perché giungeva da un mondo dimenticato, di diverse leggi e logiche, perché seguiva se stesso e l'orrore era solo nei nostri occhi. Lo vidi mutare, da forza distruttrice, sperimentatrice di morte, risvegliata dalla morte sognante di chi eternamente sogna, in ricercatore di piacere ed infine di emozione... prima di scomporsi in flebili bolle nere, sospese nell'aria, sempre più piccole ed evanescenti... così, prima del risveglio, sorrisi.
Friday, 15 June 2007
Cammino per strada
Cammino per strada, passi decisi. Una borsa di... che roba è? Stoffa resistente? La tengo appallottolata tra il braccio destro ed il fianco, cercando di renderla meno visibile possibile. E' brutta, con quel colore giallo vecchio bianco sporco, ma è dannatamente comoda per fare la spesa, è resistente e capiente e con lo sparaflesciacodiciabarre della coop, salvatempo per gli amici, posso ficcare tutto dentro mentre faccio la spesa. Come cazzo funziona quell'aggeggio? Avrà una memoria interna con un database che viene aggiornato durante la ricarica in plancia. Faccio pure un po' di esercizio, riempiendola bene e appesantendola quella borsa, mentre scorro tra gli scaffali ripienati sotto le file di luci bianche al neon. Sorrido. Sbaraflesciacodiciabarre. Puzza di espressione tipicamente rubata a qualcuno. Cammino sotto il sole estivo, maglietta nera aderente, jeans blu scuri, più larghi in fondo, scarpe da ginnastica nere. Vedo il mio riflesso nella vetrina del concessionario bmw. Cazzo, che braccio, non credevo che potesse apparire così grosso. Dei pettorali lo sapevo già. Lo sport è servito a qualcosa. Bah, come sono umano dentro, legato all'immagine. Pure troppo a volte. Ecco la coop, in fondo, sull'altro lato della strada. Attraverso la solita colonna di macchine piene di variopinti spazientiti. Critico, ma spesso sono così anche io. Davanti all'ingresso c'è il solito negro che vende roba inutile poggiata su di un cartone a terra. Rallento il passo giusto per darmi il tempo di osservare qualcosa che ha colto la mia attenzione, senza fermarmi, non vorrei che il negro cominciasse a pensare che sia interessato alla sua roba. C'è una bambolina, poco più grande di una mano, capelli biondi, occhioni azzurri, una bambina messa a pancia in giù, che muove le gambette alzate in aria sotto il ginocchio, sforbiciandole ritmicamente insieme alla testolina tenuta tra le mani, con i gomiti poggiati a terra. Si muove ed emette una vocina odiosa che si prodiga in qualche sdolcinata canzoncina incomprensibile a causa della pessima qualità sonora e del volume troppo alto che pare distorcere il suono, in un ciclo continuo intervallato da brevi pause in cui si immobilizza all''istante. Provo una fitta allo stomaco, sento un fiotto di acido accanirsi tra le budella. Il solito problema mentale. Non lo sopporto, mi fa incazzare come una bestia e mi sento ringhiare a fior di respiro, perché, cazzo, non li posso vedere i giocattoli schiavizzati. Tendo a dare un'anima a tutto ed in particolare ai giocattoli. Mi immagino la materia della quale sono composti, torturata, plasmata in quella forma, stuprata e deprivata della sua natura, eppure contenta di poter fare la felicità di un bambino. Piccola martire, la obbligano a muoversi come una deficiente e a cantare. Sarebbe tanto carina con quegli occhioni se potesse stare ferma. E, sì, mi immagino che sarebbe felice, almeno lei, del sorriso di un bambino, al contrario degli sfruttatori che la cedono in schiavitù per un ricavo monetario. E poi mi ricordo di tutti i bambini che maltrattano i giocattoli, che invece di giocare liberandoli dalla loro forma predefinita, liberando il pupazzo di superman dal suo ruolo per creare un nuovo personaggio frutto della loro fantasia, li gettano a terra, li dimenticano, li abbandonano, dissacrando il loro sacrificio. E chi cazzo lo ha detto che i bambini sono puri e buoni? Vengono imbottiti di merda fin dalla nascita, cazzo, altro che giocattoli. Piccole ruote della grande macchina, cibo della grande ombra invisibile. Altro che giocattoli preconfezionati. Pochi oggetti, sacri, ai quali affezionarsi. Io giocavo con una teiera, da piccolo. Una teiera di latta, bombata e panciuta, che si apriva in due parti, orizzontalmente, proprio in mezzo alla pancia. Aveva un lungo collo nel quale convergeva la bombatura della pancia, un beccuccio che si estendeva al lato del collo e un coperchio legato con un piccolo cardine che si poteva aprire e richiudere come una calotta che sembrava una bocca. E il beccuccio era il naso. E la panciona. E se la aprivi in due la parte superiore diventava un gorgo pericoloso, nel quale si avventuravano i temerari. Ed in fondo al gorgo un coperchio si apriva verso il basso, offrendo l'accesso ad una dimensione piena di meraviglia. E idee. E creatività. Cazzo, fanculo. Mi immagino mentre strappo di mano a quei fottuti bambini contaminati il loro giocattolo, per salvarlo e donarlo a chi saprebbe rispettarlo. Mi immagino la mamma, donna sull'orlo di una crisi di nervi per un marito quasi inesistente che le dà sempre ragione e che non ha le palle per amarla ed essere presente nella sua vita, che si avvicina come se le stessi uccidendo il figlio. Mi immagino il mio sguardo prima che possa aprire la fogna e vomitarmi addosso la sua frustrazione cogliendo al volo l'occasione offertagli dopo essersi accertata di poter passare come giusta agli occhi del pubblico, al giudizio dei passanti incuriositi. Mi immagino la voglia di mollarle un calcio nella mascella. Giusto per zittirla. Poi ascolto la mia rabbia. Ma che cazzo di trauma infantile devo aver avuto per provare questa sensazione? Mi immagino nella mia forma saggia. Mi immagino di tramutare lo sguardo ghiacciato in uno sguardo fermo, saggio, imperturbabile. Mi immagino di guardarla e dirle: "Maya infetta il mondo perché gli uomini non sanno amare Maya per ciò che Maya è: illusione". Sarebbe più bello se usassi una parola diversa da Maya, mi infastidisce l'idea di poter appartenere al pensiero altrui nei miei pensieri. Che stupido. Mi guardo dall'alto e mii faccio tenerezza, sono un bambino in crescita, come tutti. Nel frattempo sono già entrato nel supermercato, ho già preso il salvatempo e sono già col foglietto della lista della spesa in mano, il lettore di codici nell'altra e la borsa, finalmente spiegata, appesa al braccio. Eppure la natura originale dei bambini si vede quando abbracciano la nonna, vecchia, con i pezzetti di verdure tra i denti e magari con una scadente igiene personale, ma a loro non interessa, non hanno ancora assimilato quell'illusione e sono liberi nel loro abbraccio. Leggo il foglietto. Insalata, pomodorini, quelli li voglio, e il tonno. Si, una bella insalata di tonno. Mi dirigo verso il banco refrigerato con le insalate in busta e scelgo quella che mi piace, con la rucola. Bip. Salvatempo e in busta. Guardo la gente. Sorrido. Melanzane. Guanto di plastica, busta di plastica che è sempre un casino da aprire e via verso il banco delle verdure. Stasera faccio un bel sugo di verdure, con melanzane a funghetti previamente salate e lasciate a disidratarsi, i peperoni, le zucchine, la polpa di pomodoro sul soffritto di cipolla gialla e aglio, le spezie e il basilico. Lo faccio buono, lo cucino con passione. C'è una vecchietta che si è impossessata delle melanzane e, dopo un sonoro starnuto il quale, invece di trovare una mano sulla sua traiettoria, è probabilmente andato a finire sulle verdure, sta soppesando le melanzane ad una ad una, ripassando spesso sulle stesse come se fossero cambiate nei secondi trascorsi dall'ultima soppesata. Ci sa un bel po'. Rido vedendo la gente spazientita che non ha nemmeno il coraggio di essere gentile. Mi avvicino. "Mi scusi, abbia pazienza, prendo due melanzane", sfoggio un sorriso sincero e la vecchietta non fa nemmeno in tempo a ricambiare che si sposta come se l'avessi risvegliata da un trance. Scelgo due belle melanzane di media grandezza, con la pelle liscia ed il colore intenso, belle consistenti al tocco, quindi lascio spazio alla vecchietta, sorridendole nuovamente. "Grazie", le dico, e mi sposto al lato, verso i peperoni. La vedo allontanarsi un attimo, senza nemmeno una melanzana in busta. Si arresta, si volta, torna indietro, ne prende un paio palesemente a caso, almeno così sembrerebbe, le ficca in busta e si allontana. Sbuffo in una risata accennata e scuoto lievemente la testa, divertito. Peperoni. Uno rosso, uno giallo e verde. Scelgo con cura, ma senza metterci troppo, poi continuo la spesa. Guardo la gente. Mi diverte immergermi in questo acquario di persone, riesco stranamente a rasserenarmi a volte. Finisco la spesa e vado alla cassa, dove, giunto il mio turno, sorrido alla cassiera porgendole il salvatempo, ma lei non ricambia, altre spesso ricambiano, ma lei oggi no. Stress, eh? Il sorriso lo tengo, in fondo serve più a me che a lei. Raccatto la borsa della spesa dopo la transazione, sentendone il peso mentre la sollevo per caricarla dietro alla spalla, tenendola col braccio, in modo da faticare meno durante il tragitto verso casa. Esco dal supermercato e, rivedendo la bambola canterina, il mio sorriso appassisce. Mi torna in mente un sogno. Mi torna in mente quel nero groviglio irrazionale di tentacoli mutevoli, un'enorme sfera di intrecci che ogni essere sul suo cammino afferrava ed uccideva in modi orribili, schiacciando tutto sotto il suo corpo volvente. I suoi tentacoli mutevoli si estendevano oltre l'immaginabile, fluendo rapidi ed infallibili dall'intreccio. Ricordo l'immagine in cui li vidi afferrare con le tre punte espandibili un uomo, tirandolo nel centro della massa, lasciando solo il ricordo dell'orrore sul suo volto, il viso distorto dalla follia che si contorceva oltre il possibile nell'ultimo istante di visibilità e luce. Cammino sotto il sole estivo, lo sguardo celato dagli occhiali da sole rinfilati rapidamente prima di uscire dal supermercato, sentendo il braccio tirato sopra la spalla dal peso della borsa della spesa. Cammino e ad ogni passo sprofondo in una strana malinconia. Mi immagino di morire, in questo istante. Come potrei riuscire ad avvertirla del fatto che sto morendo? L'idea che lei possa cominciare a preoccuparsi, non sentendomi per giorni, fino a scoprire della mia morte, mi uccide nello stomaco. Come posso sopportare l'idea del suo dolore? Come posso sopportare il peso dell'amore?
Thursday, 14 June 2007
Scorro file di soldati
E in silenzio scorro file di soldati, universi sull'attenti, pronti ad essere dimenticati da loro stessi, addestrati a non essere, pronti ad ogni situazione, tranne che a scoprire di esser uomini che trovano davanti a loro uomini quando avrebbero creduto di incontrare il nemico, inconsapevoli di poter reagire alla prigionia dell'anima con la follia nello scoprire di essere nella follia, l'istinto distorto tra le carni scomposte, tra le gambe scalcianti ed infine rassegnate, o i sorrisi tenuti su da lame sotto occhi immobili, alla fine, qualcuno, nel nemico, intravederà me.
Saturday, 9 June 2007
Se avessi bisogno
Se avessi bisogno di redenzione, sarei l'occhio che guarda il petalo accarezzare le forme del vento rivelando il suo cammino, ma non volerei. Se avessi bisogno di fare le giuste scelte sarei perso tra le pareti di un labirinto circolare la cui unica uscita sarebbe una scelta sbagliata. Se avessi bisogno di risposte più che di domande, apparterrei senza essere, corpo caldo di un'anima fredda e persa. Se avessi bisogno di amare starei percorrendo un fiume controcorrente, cercando la risposta nel verso della domanda. Se avessi bisogno di vivere sarei superbo nel credere di conoscere già tutto ciò che sono, come un re che dal trono guarda sempre l'orizzonte, ma mai le sue terre. Se avessi bisogno di avere bisogno sarei un folle ballerino che gira su se stesso freneticamente per trovare un nuovo stato dell'essere, prima di svenire. Desidero. Non necessito. Dove vedete l'errore mettete il piede e scivolate. Dove vedete l'errore io metto il piede, ma non scivolo. Quando cadete, eroi, vi rialzate. E se riuscissi a rialzarmi anche senza cadere, solo abbandonando il senso dell'orientamento in favore del mio stesso centro?
Tuesday, 5 June 2007
Vite in me
Ogni emozione in me è viva. Non mi appartiene. Il mio corpo è vivo. Non mi appartiene. Ogni demone in me è vivo. Non mi appartiene. Ogni ricordo in me è lo specchio di una vita alternativa che continua interiormente il suo cammino nell'universo del mio vero io. Ogni sentimento in me è vivo. Non mi appartiene. L'amore in me è vivo. Non mi appartiene. Le paure in me sono vive. Non mi appartengono. Io sono. Non ho. Lasciare libero un demone o un'emozione, una paura o un sentimento, è come salutare qualcuno al quale siamo legati, lasciarlo libero di scegliere e vivere la sua vita, andare lontano se desidera. Il pianto per l'abbandono finirà con un sorriso di augurio. La mia identità, il mio carattere, la mia personalità, il mio aspetto, ciò che identifico con me stesso esteriormente ed interiormente in questa vita reale di illusione è solo una proiezione passeggera, da amare e lasciare libera come avente vita propria. Le mie scelte sono sul mio cammino. Le scelte curvano il cammino, il cammino curva le scelte, non vi è differenza oltre l'illusione. Morire per rinascere, perdere l'attaccamento al desiderio di possedere, imparando a vivere insieme ad ogni vita in me. I figli non appartengono ai genitori. Tutto ciò che nasce da me non mi appartiene. Ho liberato il mio amore e accetto di innamorarmi ogni qual volta sentirò quella vibrazione emozionale giungere dalla base della schiena a cogliere spazio nello stomaco fino a sorgere fino alla gola, richiamando il respiro dal mio respiro, per essere liberata e vivere.
Wednesday, 30 May 2007
Per non chiamarne il nome nel mondo della veglia
Per non chiamarne il nome, pur non costante, pur non eterno, nel mondo della veglia, dove mi illudo che ogni azione da me nascente mi appartenga, continuo a sognarne l'attimo indelebile nella libertà del sonno.
Monday, 28 May 2007
Stanotte dormo col tuo odore
Stanotte dormo col tuo odore, i vestiti che indossavi dormendo con me, un tempo miei, ora tornano sulla mia pelle. Sento l'odore della tua su di me. Sento le notti passate nel mio letto. Sento il tuo viso sognante al mio risveglio. Nessuna dolcezza decisa, ma una gradevole scelta del momento. Ti sento, vera, perché non di poesia racconta l'odore che sento, ma di una pelle vera, che vive e respira, che non porta falsi odori di idealizzata dolcezza, ma il piacere originale dell'umana essenza senza tempo, il piacere del richiamo reale del tuo odore, tu che hai una pelle così simile alla mia, tu che mi inebri non di fiori e primavere, ma di sincero piacere, l'odore afrodisiaco dei baci soddisfatti sulla pelle che li accoglieva, nel ricordo del tuo respiro il mio racconta il suono che riempiva la notte del nostro piccolo spazio rimanente.
Una carezza sarebbe bastata
Una tristezza velata resta in bilico tra viso immobile e poesia, qualche flebile forma di stanchezza che copre un disagio semplice, piccolo e visibile, che non attende altro che un nuovo giorno. Cerco l'errore nell'immagine, il dettaglio annunciato che fatico ad individuare anche dopo la millesima vista dello stesso frangente incastonato in tratti rapidi che tentano di riassumere l'essenziale per giocare col significato di ogni attimo. Perché la paura di dormire è il segnale della catena che stringe il collo ed il suono interiore, aumentando la pressione dei pensieri contro gli occhi, per rendermi conto che non posso provare quello che provo per il motivo apparente. Mi sarebbe bastata una carezza, sono fatto anche di emozioni, in questo piccolo immenso labirinto di reti, in questa mezza giornata spezzata dalla voglia che volga al termine senza pagare il prezzo del sonno, l'attimo di consapevolezza, prima di sfumare, che sente la mancanza di uno sguardo e dell'istante che avrebbe voluto custodirlo. In questa tristezza che non desidero spiegarmi, anche solo una carezza sarebbe bastata.
Saturday, 26 May 2007
Dormi, piccolo mondo...
Dormi, piccolo mondo, immenso in ogni dettaglio, non perdo il mio amore, ma solo il suo nome.
Stia nel silenzio
Stia nel silenzio per essere ascoltato oltre il suono reale la verità del momento protratto per piacere di rivelare l'inaspettato in questa comunicazione di istanti. Non posso sapere cosa mi attende semplicemente perché scelgo di non sapere che nulla mi attende, ma io attendo tacitamente, inconsapevolmente, l'esito, il momento che scelgo come tale, l'istante in cui vedo il cambiamento. Mi distendo su questo letto solido e gradevole, tra qualche spina e molti piaceri distesi lungo la pelle, in temporali notturni che bagnano emozioni. Se trattengo per scelta sbaglio coscientemente, forse ho controllo, forse non ho controllo, ma mi libero dalla paura di non averlo. Muto, avanzo, ancora dei passi accanto ai miei? Già cerco? O ancora mi adagio su un cammino longilineo e semplice da riconoscere sul rettilineo, scambiando il mio volgere lo sguardo ai lati con curiosità per curve solamente immaginate? Non parlarmi d'amore, dico a me stesso, non parlarmi d'amore che ancora non so cosa significhi in questa rinascita, in questa dolce morte. Dimentico forse di fuggire la mia anima? Tu non esisti più di quanto io esista.
Thursday, 17 May 2007
Ritrovarsi nel sentire
Senza la sensazione del senso senti il distacco dalla visione delimitata dall'orizzonte della tua percezione. Ti espandi oltre il limite, abbandonando attaccamenti, liberando prigionieri, staccandoti dall'identità proiettata del tuo essere per ritrovare l'essenziale, ma la sua impercettibilità ti lascia sfumato nel vento dei tuoi pensieri. Per rinascere si deve prima morire, per ritrovare se stessi non si deve temere di perdersi, allora, forse, il desiderio libero di conoscersi riporterà a noi ciò che amiamo di noi stessi, più profondamente compreso anche se più libero.
Gelosia e protettività
La gelosia nasce dalla paura per le azioni che una persona può muovere verso gli altri, la protettività nasce dalla paura per le azioni che gli altri possono muovere verso una persona. Entrambe necessitano di equilibrio. Nel mio caso il livello di equilibrio della gelosia è piuttosto basso, poiché è diretta in genere verso persone per le quali nutro una sincera fiducia, seppur sempre attenta a non divenire illusione, mentre il livello di equilibrio della protettività è molto alto, poiché è mia scelta cercare di conoscere i comportamenti umani e le loro origini, vedo e sento l'instabile fragilità che si nasconde sotto le maschere, i desideri negati, le paure che generano demoni, le prede ed i predatori che si scambiano vicendevolmente nella vita interiore, straripando nella vita esteriore.
Wednesday, 16 May 2007
Il predatore che sopravvive
Il guerriero saggio non abbassa mai la guardia e non sottovaluta alcuna situazione né alcun potenziale nemico, così come il predatore che sopravvive è il predatore che non dimentica mai di poter diventare preda in ogni istante.
Io sono il mio io
Se il mio io sceglie di farmi attraversare una rabbia istintiva e priva di conoscenza, squilibrare luce ed oscurità, sentirmi debole e fragile, desidero credere che vi sia un motivo. Per ritrovare il me che desidero scoprire essere me devo perdonare me stesso, liberare luce ed oscurità con purezza e senza forzature, rilassare i desideri, riposare i pensieri, senza cercare di vivere la mia rabbia più velocemente di quanto essa desideri essere vissuta. Ritroverò ponderato equilibrio se lo desidero. Qualsiasi sia la scelta del mio io, posso fare la mia scelta in qualsiasi occasione, io sono il mio io.
Percezione relativa
Per il nostro livello di percezione, siamo in grado di distinguere gli oggetti, identificarli, riconoscere gli esseri viventi e gli oggetti inanimati. Spostandosi verso l'infinitamente piccolo tutto diventa un agglomerato di particelle e di legami tra esse. Verso l'infinitamente grande il nostro universo potrebbe sembrare l'infinitesimo di una particella di un universo infinitamente più grande. Così, per il mio livello di percezione io sono il mio io, spostandomi verso l'infinitamente piccolo sono ogni cosa e verso l'infinitamente grande non sono niente.
Per la rabbia
Per la rabbia che provo nel sentire la rabbia che deriva dal pensiero che la mia rabbia derivi dal mio allontanamento dalla strada di luce ed equilibrio spirituale un tempo sotto i miei piedi ed intorno ai miei pensieri e al contempo dal fatto che il motivo pensato per tale scelta di allontanamento, ovvero la necessità di trovare una strada che nasca da me per scoprire la vera libertà del mio cammino, possa essere solo una comoda scusa per evitare la fatica dei passi, urlo e ringhio tutta la mia tensione graffiandomi per essere un animale ferito ed accasciandomi a terra mi chiedo se riuscirò a trovare verità nelle mie stesse parole.
Piango oro dalla fronte
Ho della polvere sugli occhi e dimentico la sabbia sotto i piedi. Ho una notte fredda nello stomaco e dimentico il sole che annuncia giornate luminose. Ho della rabbia nella voce e dimentico la poesia nella mia luna. Ho della presunzione sulle mani e dimentico l'entusiasmo di una bambina, la meraviglia che si espande dal suo sorriso e accarezza ogni piccola bellezza, anche quelle che non accetto o che imparo ad allontanare. Ho della stanchezza negli occhi e dimentico la semplicità di un emozione che non teme di volare oltre alla pesantezza che grava sul mio collo. E piango oro dalla fronte, perché non posso dimenticare la bellezza del silenzio condiviso e di come si spenga in giorni fatti per crollare dentro ed esplodere in tempeste di fragilità, frantumi taglienti nel vento che discende in picchiata verso la vita nei miei occhi, raggrinzendo la bellezza e appassendo l'emozione in stanca rabbia che sfoga un racconto negato straripando sulla pelle, colando via l'oro che restava come profumo persistente.
Inner plague
My new days are empty space
Now the mirror fades my grace
Inner plague shows on my face
My soul fled and left no trace
A wall painting of great steadiness
My inner balance is a fake
A thick dye drip on rice paper
Whose true image I forsake
Tear me apart and rip me down
I spent years on sages' path
Leave me lifeless, let me drown
I'll be a victim of my wrath
Now the mirror fades my grace
Inner plague shows on my face
My soul fled and left no trace
A wall painting of great steadiness
My inner balance is a fake
A thick dye drip on rice paper
Whose true image I forsake
Tear me apart and rip me down
I spent years on sages' path
Leave me lifeless, let me drown
I'll be a victim of my wrath
Sunday, 13 May 2007
Presence
La presenza caratteriale confluisce dinamicamente negli equilibri del contatto comunicativo interpersonale, che possono avere pendenze diverse a seconda della presenza caratteriale di base di ogni estremità della comunicazione, ma la maggiore presenza caratteriale può rivelarsi deleteria per l'individuo che sia fortemente attaccato a se stesso, poiché è probabile che parti di tale individuo possano essere prese a modello per la costruzione di dettagli comunicativi da coloro verso i quali la pendenza dell'equilibrio fluisce, ovvero da coloro che dimostrano una minore presenza caratteriale. I dettagli del carattere dominante tendono ad essere presi a modello da caratteri meno dominanti per criteri di naturale evoluzione e sopravvivenza. Notate quando la vostra presa caratteriale eventualmente più forte di quella dimostrata da altri, porti questi ultimi a fare proprie alcune espressioni comunicative, verbali o gestuali, che sentite vostre e di come esse siano filtrate, necessariamente riadattate, sia in base alla necessità sia in base all'inevitabile perdita e variazione di informazione che avviene durante la riproduzione dell'atteggiamento, ed utilizzate come native dal singolo ricevente. Meno sarete attaccati alla vostra identià e meno deleteria sarà la vostra reazione a questo genere di atteggiamenti che fanno apparentemente degli altri quelle che sentite essere parti di voi.
Gli altri in se
Ognuno insegue il proprio dramma personale, inevitabilmente, finché esistono gli altri in se stesso.
Saturday, 12 May 2007
L'ultima immagine per il mio sonno sicuro
Con le ultime forze verso le lenzuola, salgo le scale per il letto, il tuo odore ancora inebria il giaciglio, un capello testimonia la tua realtà, amante compagna, sorrido, mentre mi avvicino allo sfumare dei sogni, ricordando, come ultima immagine per il mio sonno sicuro, il tuo sorriso espanso mentre eravamo dove sono io.
Thursday, 10 May 2007
Ti vedo scendere
Non mi lasciare qui,
tra queste nuvole,
in questo mare che
diventa polvere,
nessuno cerca te,
tutti ricordano,
ognuno crede di
poterti prendere,
con gentilezza poi
prova a tirarti a se,
chi abbia ragione io
non so decidere,
il vento passa e
sento il respiro, ma
mentre attraversa so
che lui non sente me,
io non ti aspetto mai
vago tra lacrime,
se resto fermo sai,
ti vedo scendere.
tra queste nuvole,
in questo mare che
diventa polvere,
nessuno cerca te,
tutti ricordano,
ognuno crede di
poterti prendere,
con gentilezza poi
prova a tirarti a se,
chi abbia ragione io
non so decidere,
il vento passa e
sento il respiro, ma
mentre attraversa so
che lui non sente me,
io non ti aspetto mai
vago tra lacrime,
se resto fermo sai,
ti vedo scendere.
Infinite scelte
Tutto è possibile e infinite sono le possibilità, frammentate dall'illusione. Le mie scelte sono infinite, ma non sono tutte quelle possibili, così come le sensazioni della mia verità. Sono quelle che scelgo di poter scegliere.
Wednesday, 9 May 2007
Giorni di rifugio spezzati
Giorni di rifugio spezzati, dopo tanti giorni che restavano sospesi sui binari e adesso vengono chiamati ad infrangersi contro il ferro ed il legno, per rivelare ciò che coprivano senza contatto. Una solitudine profonda che ritorna, assopita, mai scomparsa, la vita legata ai demoni dell'insoluto, dei debiti che non riescono a liberarsi come pensieri e chiamano il loro diritto ad avere una scadenza, le scelte fuggite che mi chiamano a se. Sentendo il bisogno di un rifugio mi sono sentito già oltre il vetro dello specchio quando i filamenti delle emozioni non riuscivano a cercare una destinazione precisa, ma si dirigevano confusamente verso un rifugio sentito sicuro tra le braccia di chiunque potesse esserlo, nei ricordi, nel presente, occhi chiusi verso il domani che sfuma e si sgretola, fade to black, crumble to ruin and dust. Mi piace il rifugio che ho, è intenso. Non vorrei trovarmi a pagare questo, non vorrei già adesso sentire il richiamo di un io imprigionato da altri se in ricerca che straripano dal loro spazio su di me, vorticandomi in onde fluviali, dolore del respiro mancato, asfissia del ricordo, per perdere l'emozione che mi lega al piccolo spazio rimanente che desiderava espandersi ed essere vita reale, moderno pinocchio spirituale, da costruzione a profondo sentire universale, mi sento solo, ti saluto col sorriso, prima di perdermi nell'ultimo sentimento, tentativo boccheggiante di fuggire ancora, di rifiorire per un giorno ancora, trucco di farfalla nascente, ultimo desiderio del condannato al suo stesso binario inevitabile, meravigliosa illusione prima del dolore accecante del fuoco che scioglierà l'immagine per riportarmi all'origine ed all'essenza. O forse dopo di te fuggirò nel degrado, eterno braccato, rifiuto perduto nel buio limpido del suo stesso sentire contaminato da colate di cera surreali, di candele rosse su candele nere, come sangue a proteggere l'oscuro alimento di fiamma, fuggendo lentamente nel fumo denso che svanisce oltre l'illusione, come ultimo colpo di scena messo in atto già dall'apertura del sipario, davanti a spettatori ed attori ignari, da corpo ad aria, senza passare dall'acqua madre, pianto e traguardo del pianto, dopo la nascita e la prima vita come origine della terra dall'antica unione col fuoco. Non salvatemi l'anima, vi prego, preferisco seguire i giorni dipinti segretamente dall'uomo d'ombra, camminando con la mia compagna emozione, finché non consumeremo anche quest'ultimo tempo.
Un viaggio di emozione
Resto qua, solo, a giocare con i frammenti di meravigliose confusioni vive pochi istanti prima, bimbo con la sabbia nei capelli, il sale degli oceani su labbra secche di sole, in lungimirante attesa della pioggia e delle prime forti risa nel tempo del pianto, i primi temporali estivi che mischiano il tepore del vento di tramonto assorbito dalla pioggia al calore delle lacrime sincere e silenziose, alimentando il falso vuoto con i ricordi, mentre pelle nella pelle dello stomaco cinge e stringe consumandosi senza lacerarsi, man mano che attingo dai momenti racchiusi in musica e immagini, perché in quei temporali ricorderò il respiro di un'amante, il silenzio di un mistero, il sorriso di una compagna. Resto qua, solo, a giocare con le note del dolce vagare, il sorriso nelle mani, il cuore che parla di ritmi originali nello stomaco, chiuso in uno spazio che non ti aspetta, ma ti desidera. Sii il petalo bianco vergine che cade all'improvviso dinanzi allo sguardo che segue i passi, portando con se ricordi impalpabili uniti da filamenti invisibili nei quali sono scivolati tutti i colori dell'esperienza nella tua vita, accarezza il mio sentire, senza cadere mai nel mio palmo, accettando l'abbraccio, cercandomi nel silenzio del tuo sognare sfumante, pelle contro pelle, per parlare senza linguaggi pronunciabili, ricordandomi col tuo calore che sei vera ogni volta che mi sveglio da altri sogni in questo. Sii te stessa, mistero, nera e candida, e gioca come i bambini, che sanno di giocare e nel loro gioco non fanno parsimonia di emozione, ma con passione immaginano ed agiscono nella fantasia che ricopre e trasforma ogni forma, evaporando da ogni colore, rendendo immenso ogni gioco di luce ed ombra, importante ogni dettaglio scelto come simbolo. Un viaggio nell'emozione, vicini, prima che arrivino viaggi che riuscendo a carpirci, planando furtivi da cieli di desiderio e scelta, ci vedano sfuggire nelle nostre vite. Vivo, senza bisogno di te, emozionato di essere vicino al tuo essere, senza nome.
Saturday, 5 May 2007
Incancellabile
Non solo la morte è incancellabile. Anche la nascita. Forse per questo provo paura nell'avvicinarmi al dare un nome alla mia emozione, mi avvicino e mi trattengo, mi avvicino e mi fermo un attimo prima dell'orgasmo delle parole, mi avvicino e non mi ritraggo, perché vivo pienamente la mia emozione e non voglio imprigionarla, ma, forse, ho paura di liberarla se il prezzo da pagare è perderla. E sto cercando la via segreta che non mi renda prigioniero di un nome e non mi faccia sentire di aver legato l'emozione a quel nome che se non pronunciato sembra trattenere la libertà dell'emozione stessa. Non potrei cancellare la nascita di quell'attimo. E sì, so che tutto è illusione, ma sono un uomo vero, e tremo, perché pur sapendo che non donerei un nome a qualcosa di eterno, o costante, bensì a qualcosa che non sarebbe meno vero, ma forse ben più vero, nella sua dinamicità, nella sua viva capacità di variare, mostrarsi e nascondersi, avrei comunque paura della sua intensità nella stretta di quelle corde sui polsi che forse non riuscirei a liberare nell'impossibilità di intravedere l'inestricabile nodo. E se il tempo è illusione, e siamo punti che vagano nell'immenso, con l'essenza della vita in noi, con passato, presente e futuro densamente uniti in un unico istante spaziale, se il tempo è solo la risposta al bisogno dei ricordi e delle speranze, se l'infinito è relativo, se l'insieme di tutti i battiti del cuore di una vita infinita è infinito e l'insieme di tutti i battiti pari, che sembrano fatti per due, è anch'esso infinito, ma metà del precedente, se sfilando infiniti piani di pensiero dal cubo della mia ragionevolezza non sfilo nulla, se sono immenso come il mio stesso universo e piccolo come il punto emozionale del mio sentire che si espande in ogni trama di pensiero finemente disegnata, allora imparerò a vivere pienamente questa emozione, scoprendo la sensazione risolutiva che mi permetterà di viverla senza imprigionarla in me, in una paura, o fuori di me, in una parola, poiché questo è il mio sogno nel mio universo e non possiedo nulla, ma sono.
Wednesday, 2 May 2007
Catherine da grande
"Da grande voglio fare la bambina"
Catherine
Conosci te stessa e ci riuscirai. Anche.
Catherine
Conosci te stessa e ci riuscirai. Anche.
Sunday, 29 April 2007
Siate i vostri stessi maestri nei rapporti con gli altri
Imparate a non dipendere dagli altri. Imparate l'umiltà negli errori, comprendete che la conseguenza delle ripicche è principalmente la vostra sofferenza, rinunciare alla sincerità in favore dell'orgoglio ha come conseguenza principale la vostra sofferenza, e tale sofferenza, nel vostro cuore, oltre la ragione, alimenterà rancore verso la persona alla quale avete rivolto il frutto della vostra scelta d'orgoglio. Imparate a fare scelte per voi stessi se quelle che fareste per gli altri sono in realtà scelte che vorrebbero un tornaconto, imparate a non rinunciare ai vostri desideri ed alla vostra libertà se tale rinuncia pretende di essere pagata dalla persona per la quale effettuate tale scelta, imparate a non mascherare le vostre debolezze con voi stessi, il primo passo per la risoluzione di un problema è la sua vera conoscenza, imparate a comprendere i veri motivi che stanno alla base di un vostro atteggiamento, quali bisogni lo alimentano, quali desideri, non cercate di dipingervi diversi da come siete, sappiate accettarvi ed amarvi, siete in crescita ed in evoluzione. Non offrite conferme solo per ricevere conferme, non donate una carezza solo per ricevere una carezza, non concedete un bacio solo per ricevere un altro bacio, non fate un gesto gentile solo per ricevere una gentilezza in ricambio. Baciate perché desiderate baciare, siate gentili perché illumina il vostro cuore e desiderate che il cuore si illumini, siate umili, perché volete conoscere voi stessi, non chinate il capo come schiavi, ma, a testa alta, sorridete a voi stessi per i vostri errori e sappiate chiedere scusa guardando le persone negli occhi, l'umiltà non è prostrazione, ma sincerità. Siate i vostri stessi maestri nei rapporti con gli altri.
Saturday, 28 April 2007
Dall'urlo al respiro
Cerca immagini forti chi non sa fare a meno dell'urlo per affermare il proprio io. Cerca l'essenza sottile del respiro inudibile chi trascendendo dal giudizio afferma il proprio io nell'aria dei silenzi.
Thursday, 26 April 2007
Wednesday, 25 April 2007
Feeling
Ci sono attrazioni che prescindono dalla coscienza, che rimangono vivo legame ed energia finché sono protette in un tacito accordo che non collide col proprio volere, con il proprio credere, i propri dinamici principi, la propria vita, attrazioni che non diventano sofferenza confezionata in errori e che sono fonte di un gioco ancestrale di seduzione oltre la sessualità. Attrazioni imprevedibili e consciamente impredicibili, capaci di scavalcare errori ed incomprensioni in quanto appartenenti ad un diverso piano di comunicazione, attrazioni che non si esprimono con le parole, ma che trovano fonte di espressione nell'arte, nel movimento, nel ballo del corpo e degli sguardi, nei filamenti invisibili che congiungono pensieri non tradotti in parole e movimenti spontanei del proprio sentire.
Veleno e passione
Ti accarezzerò la testa, sfiorerò le tue labbra, la mia mano scenderà dietro alla tua nuca, ti bacerò con passione, chiuderò gli occhi, allontanerò la mia bocca a distanza d'aria, terrò le labbra leggermente dischiuse, tratterrò il respiro, ti sbatterò con forza contro il muro, terminando in un impercettibile istante di dolcezza, e diverrai il mio pianto, il tuo corpo sarà il mio urlo, brucerai nel mio abbraccio, mentre premerò la tua pelle fuori dai vestiti, farò mio il tuo respiro, cercherò di afferrare l'onda dei tuoi pensieri, e morirai in me, nel fuoco, prima di rinascere. E' questo che vuoi? E' questo che vuoi? Rispondi! In questo gioco in cui credi di potermi chiedere qualcosa che non sono desideri forse aver paura che in realtà io possa essere ciò che chiedi? E' il momento in cui l'attore si rende conto di essere caduto fuori dal palco quello in cui comincia a temere l'atto che credeva di recitare, la sottile differenza tra la paura simulata e quella reale, la tranquillità di giocare con l'insidia del serpente credendo che sia stato appositamente addestrato e privato del suo veleno, ma veleno fui definito, per altre ragioni, e veleno continuo ad essere se l'altrui desiderio è così forte da riuscire a rubare qualche goccia, nel gioco di tacito accordo secondo il quale dovrei fingere di perderle senza accorgermene. Piccolo cuore è viva in me, offendi la sua memoria, coraggio. Coraggio! Giochiamo con i segreti.
Tuesday, 24 April 2007
Sogni di dolcezza ossessiva
Ho fatto sogni inquieti, nei quali mi regalavi ossessivamente le tue ultime dolcezze, prima di svanire, prima di fuggire lasciandomi soffocato, occludendo la strada con mille false strade che sempre all'inizio riportavano, prigioniero del tuo abbandonato labirinto mentale, vacchi visi a mascherare il tuo, in forma e colore, in parole e atteggiamenti, nuovi visi a tentare il desiderio, tranelli per l'istinto, illusioni in fondo al ventre a tentare il piacere con immagini del piacere. Risvegliandomi mi sono liberato. E sorrido del tentativo della mia mente di dipingerti capace di un tentativo così ingenuo, mentre con seria concentrazione ascolto il messaggio celato nell'immagine che trasporta e alimenta la sensazione.
Egoismo ed egocentrismo
L'egocentrismo, inteso come l'atteggiamento interiore che porta a manifestare comportamenti finalizzati all'interesse personale, privilegiando il senso dell'avere su quello dell'essere, influenzando inconsapevolmente la libertà altrui, è un modo di porsi tendenzialmente limitato, che cerca di soddisfare i bisogni, in genere solo superficialmente compresi, in quanto spesso derivanti da desideri meno visibili, di un piccolo io limitato, percepito solo sul piano della vita illusoria. Si tratta di un comportamento che contrae l'io invece di espanderlo.
L'egoismo, inteso come l'atteggiamento interiore che porta a dare la priorità a se stessi, può portare a manifestare comportamenti che si estendono o meno nella libertà altrui, differenza che costituisce la fondamentale distinzione tra un atteggiamento imprescindibile dell'essere nel mondo illusorio, e che è previsto e necessario in un cammino evolutivo, ed un atteggiamento che non riesce a trovare la propria direzione evolutiva, dirigendo, consapevolmente, il proprio effetto sulla libertà altrui, cercando di limitarla e di trarre vantaggio da tale limitazione.
Tutto questo nel mondo illusorio.
Eppure l'egoismo è proprio dei bambini, è un elemento naturale della loro innocenza. Eppure l'egocentrismo, inteso come il mettere se stessi al centro, può risultare il passo fondamentale per la comprensione di se, poiché, se, nel mettere se stessi al centro, ci si osserva e ascolta sinceramente, si apprende il nostro vero modo di essere. Gli atteggiamenti interiori di per se possono essere naturali, privi di limitazione. Sono le nostre paure a contaminarli, a strumentalizzarli, a deprivarli della loro naturale neutralità, del loro scopo evolutivo, siamo noi che li distorciamo per nostra comodità. Siamo noi a rinchiudere il bambino. Siamo noi a creare e rinchiudere i demoni che trasformeranno in atteggiamenti limitati il nostro fanciullesco egoismo e il nostro spirituale egocentrismo. Impariamo a conoscere noi stessi, liberando dalle catene della paura e dei demoni imprigionati il nostro essere originale.
Tutto questo nel mondo illusorio.
Eppure l'egoismo è proprio dei bambini, è un elemento naturale della loro innocenza. Eppure l'egocentrismo, inteso come il mettere se stessi al centro, può risultare il passo fondamentale per la comprensione di se, poiché, se, nel mettere se stessi al centro, ci si osserva e ascolta sinceramente, si apprende il nostro vero modo di essere. Gli atteggiamenti interiori di per se possono essere naturali, privi di limitazione. Sono le nostre paure a contaminarli, a strumentalizzarli, a deprivarli della loro naturale neutralità, del loro scopo evolutivo, siamo noi che li distorciamo per nostra comodità. Siamo noi a rinchiudere il bambino. Siamo noi a creare e rinchiudere i demoni che trasformeranno in atteggiamenti limitati il nostro fanciullesco egoismo e il nostro spirituale egocentrismo. Impariamo a conoscere noi stessi, liberando dalle catene della paura e dei demoni imprigionati il nostro essere originale.
Lasciate spazio alla mente degli uomini
Lasciate spazio alla mente degli uomini e coloro che meno la usano si faranno avanti per primi, dato che perderanno meno tempo a pensare prima.
Monday, 23 April 2007
Dormi, piccolo cuore
E ancora non mi sciolgo, tra la violenza di un bacio e la dolcezza di uno sguardo che sostiene la tensione emozionale dell'unione prima dell'incontro. Solitudine negata, l'ennesimo nuovo urlo tra due sorrisi. Ho davvero voluto questo? Ho davvero scelto di essere già stanco? Chiudo gli occhi.
Dormi, piccolo cuore, ancora per il tempo che l'aria ruberà per giungere a corromperti, dopo il richiamo di quella spirata, sarai bella e dolce, nella tua pelle candida, gli occhi chiusi. Dormi, piccolo cuore, prima che nell'abbraccio della madre di ogni tua madre io riponga con immensa gentilezza le tue piccole membra, che felici al vento danzavano la loro musica di risate. Dormi, piccolo cuore, ora che ti sei risvegliata da questo sogno, io devo rimanere ancora, così avevamo scelto, ricordi? Mi mancherai, piccolo cuore, mi mancherai come ogni cosa che non è mai nata pur essendo esistita. Resti ancora un segreto libero, piccolo cuore, e sei ancora viva in me.
Sunday, 22 April 2007
Le lettere dell'io
Nell'evoluzione dell'essere verso la verità una strada porta l'io a riscoprire la sua "d" prima di esso, la direzione opposta porta l'io ad illudersi con una "m" prima di esso.
Amplifica la potenza
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci il dolore, estendi la sua libertà.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci l'emozione, ama la sua verità.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci il tuo essere, conosci il tuo io.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci il desiderio, vivi nella nascita.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci l'essere, libera il tuo sentire.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci l'emozione, ama la sua verità.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci il tuo essere, conosci il tuo io.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci il desiderio, vivi nella nascita.
Mille volte e mille ancora, amplifica la potenza, percepisci l'essere, libera il tuo sentire.
Desidero te, non il tuo spazio
Il letto che spesso ci vede vicini, che sopporta la nostra passione, che regge la nostra unione, ha visto solo me stanotte. Non mi è sembrato più spazioso, non l'ho sentito più vuoto, e ho dormito bene nel mio spazio. Non mi sono abituato a te, e ne sono lieto, perché anche se adesso conosco in parte il tuo nome, la viva tensione emozionale tra di noi è cosa preziosa da preservare senza limitarne la libertà. Desidero te, non il tuo spazio.
Thursday, 19 April 2007
Immaginando di allagarmi
Posso tornare ingenuo per un po'? Ti prego, uomo d'ombra, posso tornare ingenuo per un po'? Posso piangere senza capire il motivo? Posso smettere di pensare profondamente per un po'? Posso smettere di sentire le risposte? Posso smettere di capire le domande? Gentilmente, dolcemente, essere.
E il mio piccolo spazio rimanente si fece grande, colmandosi in istanti di lei, e l'uomo d'ombra sorrise, agonizzò e si sciolse. Le pareti di cristallo sfumato del mio piccolo spazio rimanente si espansero, ma troppo velocemente l'uomo d'ombra riempiva l'aria dimenticata ed io immaginai ogni cosa infrangersi, così che il piccolo spazio rimanente allagasse il mondo del mio essere percepibile, trasformando tutto in qualcosa di nuovo, ricoprendo ogni superficie di nera lava lucida che si cristallizzasse in forme nuove su ogni cosa, creando filamenti lucenti in giochi di chiasmi, bianco e nero amalgamati, indelebile arte di un'esplosione, un posto solo per me e la mia ospite compagna. Così smisi di chiedere all'uomo d'ombra se potevo innamorarmi.
Sunday, 15 April 2007
Disillusione
Montagne svizzere. Ero poco più che un bambino. Cadde vicino alla finestra un piccolo uccellino. Ala spezzata, tremante fuggiva, ma non lontano poteva andare in quelle condizioni. Lo presi, lo volli custodire, credendo che le parole, l'amore, l'energia, i sentimenti, ognuna di queste cose come ingredienti delle mie cure, lo avrebbero salvato. Stetti con lui a lungo, guardandolo fermo, cercando di trasmettergli vita ed energia, finché la stanchezza non mi portò a letto. La mattina dopo, appena sveglio, corsi nella stanza dove l'avevo lasciato, con la speranza che fosse guarito. Lo trovai a pancia in su, le zampette dritte, il capo leggermente reclino, le feci bianche ad imbrattare la coda. Scrosciai in pianto, come raramente avrei fatto in vita mia. Nei miei pensieri, il mio mondo aveva fallito, provavo un sincero dolore per la morte di quel piccolo essere ferito, e non riuscivo a darmi pace, soffrendo più di quanto avrei creduto di poter soffrire per una simile esperienza. In realtà soffrivo per me, il dolore era per me, sentivo che il mio mondo aveva fallito, che ciò in cui credevo si era rivelato falso, che non vi era potere sufficiente nel mio amore. Così, nel profondo, non piangevo realmente per l'uccellino, ma per me stesso. Ciò che a distanza di anni compresi è che il mio mondo non fallì, né fallì il mio vero io. Fu il mondo dell'uccellino a fare una scelta diversa da quella che desideravo, una scelta che per me si rivelò essere seme di una grande lezione, per oltrepassare l'illusione della disillusione.
Tuesday, 10 April 2007
Dischiudendo leggermente le labbra
Non volli avere paura di me finché non avessi dischiuso leggermente le labbra senza emettere alcun suono udibile.
Sunday, 8 April 2007
Liberare i demoni o liberarsene
I tuoi demoni, le tue paure. Puoi liberarli o liberartene. La conclusione non cambia, ma in un caso avrai amato, nell'altro avrai ucciso. Puoi affrontarli, sentire le loro urla, la loro rabbia per la cattività alla quale sono stati sottoposti, puoi conoscerli, ricordare la loro forma originale, scoprire che essi sono te, imparare ad amarli, ed infine lasciarli liberi, porre fine alla loro prigionia e permettere loro di andarsene. Forse si tratterranno un po' al tuo fianco, magari impauriti dal mondo che non ricordano, ancora non del tutto pronti per andarsene, e li sentirai respirare accanto a te, li sentirai vivi come prima non li avevi sentiti, ma vedrai la loro paura diminuire, la loro rabbia spegnersi nella calma di un respiro leggero e profondo, insieme al tuo, finché non si sentiranno pronti per andare, e forse vedrai un bambino sorriderti ed incamminarsi tra i giochi di luce ed oscurità che portano là, nella tua verità originale. Oppure puoi scegliere di terminare le loro urla lontane e soffocate immediatamente. Scendere nelle prigioni della tua mente e del tuo cuore, spalancare la porta, farti immenso e picchiarli a sangue, con tutta la violenza di uno sguardo che dopo la rabbia riesce solo a restare indifferente davanti alla morte che provoca. Eccoli allora, i tuoi demoni in una pozza di sangue, massacrati. Adesso non urlano più, e tu sei sempre più simile a loro, invece di esserti avvicinato alla loro forma originale. E' una scelta, prima o poi dovrai farla, perché i tuoi demoni in cattività si faranno sentire e reclameranno la tua decisione.
Strade contigue
La vera via della luce e la vera via dell'oscurità sono strade contigue. Si incontrano all'infinito, come strade parallele, si uniscono al termine del cammino, portando entrambe verso la stessa destinazione. Per quanto si possa credere che si dirigano in direzioni opposte, credenza che deriva da una verità relativa al mondo delle illusioni, esse assumono linee diverse a seconda della dimensione in cui le si osserva. Possono dirigersi in direzioni opposte, correre parallele, intrecciarsi vorticando come amanti, scontrarsi in nodi come fitta rete, allontanarsi e disperdersi oltre la vista, ma non esistono l'una senza l'altra, e, all'infinito, si incontrano, cercandosi segretamente. Quanti falsi luminosi intorno a me. Quanti falsi oscuri. Quanti vincolano mentalmente queste due strade alle azioni, falsandone la natura. Quanti le usano come strumento per fini immediati, trasformandole in falsi cammini, ponendo un traguardo raggiungibile sul loro percorso. Non è colui che reputa di agire nel bene a seguire necessariamente la strada della luminosità. Non è colui che reputa di agire nel male a seguire necessariamente la strada dell'oscurità. Queste due strade, nella loro verità, trascendono dai limiti umani del bene e del male. Entrambe sono strade di evoluzione e conoscenza per lo spirito, la mente ed il corpo, e seguono il vero desiderio. Entrambe sono in me.
Saturday, 7 April 2007
Un disegno in questa manciata di giorni
Comincio ad intravedere un disegno in questa manciata di giorni, alcuni ancora a venire, mi piace pensare che si mostrerà sempre più intuibile, definito, seppure incompleto fino alla realizzazione o forse oltre. Comincio a collegare gli eventi e le sensazioni ad essi legati, le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, i chiasmi io canto e sento, comprendo e vedo, al centro me stesso, al mio fianco so chi desidero in questo tempo del mio tempo.
Friday, 6 April 2007
Una carezza sul tuo ventre
E sento le dita scorrere, fino al sussulto dell'emozione erotica di un terrore talmente puro da oltrepassare con dolce fragore il filtro delle convenzionali paure inoculate dal mondo nella mente, oltre il senso di illogicità, dove tu hai mille visi ed un solo odore, e sento le dita penetrare nel tuo ventre, da istintive carezze sprofondo nella tua carne, là dove la linea del ventre incontra in una lunga discesa di bellezza l'incavo delle gambe, ultima pianura che annuncia la meraviglia in se nascosta. E sento il calore del sangue denso, disciolto nella viscosità di una palpabile energia vitale celata per anni, e vibro di terrore nel cuore all'idea di lasciare un segno, orma riconoscibile del mio passaggio in te, soffoco in strangolante necessità l'urlo al pensiero di produrre vita in te, con te, oltre il mio camminare vicino ai tuoi passi, forse troppo fertili nella loro maschera di sterile vuoto persistente nel suo dinamico mutare alla forma delle tue emozioni. Vuoto emozionale carico di energia, silenzio forzato che pagherai con il dolore di respiri troppo intensi per una gola troppo rigida. Altri dolori ti attendono, e desidero risvegliarmi, tenendoli solo nell'evanescente passaggio da me alla veglia.
Scorrere questo giorno sotto i piedi
E far scorrere sotto i piedi questo giorno, respiro oltre la coltre del sogno, vita reale nella veglia, o sogno illusorio di respiro nel sogno invalicabile, non saprei desiderare la risposta. A ieri lascio i pensieri. Non mi sento pronto per desiderare di essere padre, così mi auguro di non dovermi spaventare, quando per scherzo poggiai la mano sul suo piatto ventre e un istante di brivido mi fece provare la sensazione di un'immagine scorretta, distorta, dove si sorride per qualcosa che non richiamerebbe i miei sorrisi, pari al trovarsi in mezzo ad una stanza dove tutti ridono per una frase ed essere per la prima volta l'unico a non capire, finché non intuisci che parlavano di te. E si, rinasco lentamente, sento la mente rinascere alla luce di un cielo vissuto all'aperto, in mezzo alla vita, non più lontano destinatario di sguardi e sorrisi celati dal vetro sporco di una finestra. E si, sento il corpo riprendere le sue energie, ritornare alla pienezza della fame, del desiderio, delle sensazioni, sbocciando dalla dolcezza dei petali a quella del fuoco in petali gualciti, vibrando universalmente alla ricerca dell'espansione della sua pienezza. E lo spirito, interprete del mio io, quale rinascita mostra? Anime e figure proiettate, persone, ritornano adesso sul mio cammino, le mie compagne desiderate, le mie compagne avute, le mie amiche di passi, i miei amici di sogni. E anche te, che fosti la compagna che mi vide far questa scelta con la coda dell'occhio, mentre ti avvicinavi ad affrontare la tua verità nella veglia, oltre il nostro sogno, trovi con me adesso il rincontrarsi, nella tua paura, nel tuo nuovo dolore, per il tempo delle parole. E tu, amica un tempo desiderata, cosa porterai a me in questi giorni, cercherai parole? Non cercare silenzi, non tentare il mio mettermi alla prova. E oggi una doccia scrosciante di limpidità, la lucida consapevolezza dopo il riposo dei sensi e delle emozioni, alla fine di questa giornata, sorrido, sentendo più lontana dai miei desideri e ancora vicina alle mie emozioni lei, compagna di questi giorni, non per gioco di falsità, ma per libero essere, per energia che rifluisce in sangue e cuore, così a te sorrido, compagna e fonte dell'emozione penetrante che fortemente vivo mi ha voluto oltre la stanchezza delle membra, nella viscosità dei pensieri troppo densi nel tempo del nostro tempo, nella fuliggine annebbiante delle notti e dei giorni che centri e fuochi delle nostre forme in una unite ci ha voluti, seppur liberi di non perdere la nostra linea originale oltre il gioco di sovrapposizioni, ingannevole alla vista del mondo. Sorrido, ricordando la voce scivolare rara da quella bocca espressiva che adoro, quegli occhi forti prima di ogni piccolo imbarazzo, mi auguro di poter essere mutato in energia ritrovata al tuo ritorno, giacché, fino ad allora, me stesso vivrò, limpidamente, facendo scorrere i giorni sotto i piedi e le mie stesse uniche e libere emozioni sulla pelle, che forse la tua avrò ancora, pur di ritrovare la mia. E vengono a me, figure del mio tempo, vivo con voi, tutte, per me stesso, per essere nuovamente nel mio essere.
Wednesday, 4 April 2007
Piogge di aprile
Costruisco castelli di sabbia intorno ai tuoi silenzi e non tempeste di rabbia e gelida immobilità rispondono alle mura, bensì dolce brezza che dal centro della tua verità protetta si manifesta su ogni forma, addolcendo ogni linea, erodendo con carezze, innalzando la sabbia in un cielo limpido che ne racconterà l'odore nelle scroscianti piogge di aprile.
Friday, 30 March 2007
Comunicandoci vita
Dall'immenso incontro dei cammini oltre gli occhi celati profondamente nascono, scivolare in lacrime, sentendosi fratelli d'anima nel tocco della pelle, tenendoci per mano dopo i ricordi di cammini che hanno un odore affine, negli avvolgenti silenzi tra parole sincere, sciogliersi l'uno sull'altra, unirsi nell'abbraccio, vivi d'emozione, vivi di sensazione che nasce dal plesso solare, dallo stomaco sospinta, e sale, trasformandosi in aria, si ferma alla base della gola nel desiderio di divenir parola, ed, esprimendosi dentro, espande un sorriso sul volto, il calore che si scioglie in lacrime solitarie e preziose, dagli occhi fluisce come spirito, onda, e vibrazione che unisce. Lacrime che si osservano dai volti vicini, salutandosi in ultimo sorriso e meraviglia, svanendo in quieto cadere, ultima poesia prima di rinascere fluendo lentamente in aria evaporante odore di vita. Infiniti noi che si abbracciano, amandosi, in ogni piccolo mondo di pelle che si incontra, mani che danzano prima di cadere nel desiderio di unirsi con forza, rinascendo nell'intensità di un movimento cercato a lungo, nel fascino dei lievi tocchi delle dita, arte in movimento che ci riporta a sentire la via degli occhi che seguono la linea del sorriso, dei tuoi dolci imbarazzi in quegli sguardi intensi, quella danza di tenera meraviglia fanciullescamente timida, piena di poesia e bellezza, del mio cadere in ogni direzione, verso di te. Porta il nostro odore sulla pelle, ebbro d'emozione, per le strade di questa città, espandilo nell'aria senza timore, nel suono caldo di una carezza, per raccontare alla vita il tuo essere, ed amarti, comunicandoci vita.
Thursday, 29 March 2007
My mistress' eyes
"My mistress' eyes are nothing like the sun"
Of all of her dreams, inside her I am none
Outside of her life, in the light of the moon
I'll be fading from her eyes much too soon
In her heart, in my blood, we will swoon
Of all of her dreams, inside her I am none
Outside of her life, in the light of the moon
I'll be fading from her eyes much too soon
In her heart, in my blood, we will swoon
Il passo lungo
Camminando fianco a fianco, se qualcuno farà un passo troppo lungo, si allontanerà, se non seguito. La stanchezza negli occhi, l'odore dei baci sfumati in sorrisi sul viso, il ricordo di ogni sguardo immenso in una follia che dona luce di colore al risveglio in una vita. Sorrido ancora al ricordo di ogni tuo sorriso, respiro al ricordo del tuo respiro, chiudo gli occhi al ricordo del tuo calore, mentre lascio scivolare in rivoli il sangue infetto dalle emozioni di questo giorno, affinché il mio passo non sia più lungo del tuo. C'è un tempo per ogni cosa, imparo a vedere e sentire i tuoi passi, fin quando desidererò starti accanto cercherò di non fare passi più lunghi dei tuoi, finché tu stessa non vorrai cercare un ritmo che sia nostro, dopo aver liberato le tue orme.
Monday, 26 March 2007
Non perderò il mio sorriso sincero
Dimmi che sei falsa, che sei un'attrice talmente brava da riuscire ad ingannare anche se stessa, dimmi che sono solo un giocattolo, dimmi che sono solo uno dei tuoi tanti uomini e donne, dimmi che ti stai divertendo con me, dimmi che ti faccio pena, ridimi in faccia, prova a mostrarti fredda, insensibile o crudele... il mio stomaco si chiuderà, un battito del mio cuore avrà un sussulto, poi respirerò, senza avere paura di una lacrima, sorriderò, e, se mi farai capire che ogni tua parola sarà stata vera, sarò triste per noi, e ti saluterò con lo stesso sorriso, perché ogni emozione che avrò provato sarà stata autentica e non potrai mai negarmi questo, non cadrai ai miei occhi perché non sarai stata un simbolo, non avrò dipinto una conoscenza di te sul tuo ritratto, avrò imparato a sentirti per quanto avremo voluto, pronto a non fuggire di fronte a qualsiasi onda finché avrò voluto, pronto ad essere trascinato dall'impeto della risacca senza perdere me stesso, se invece sentirò il dolore nelle tue false parole, ti abbraccerò, con lo stesso sorriso, e lascerò che tu pianga sciogliendoti su di me. E se così non dovessi fare, ma riuscissi comunque a sentire me stesso, non perderei il mio sorriso sincero essendo sincero con me stesso.
Le cose importanti
Se riteniamo qualcosa importante per noi, rispettiamola. Specialmente se coinvolge gli altri. Se riteniamo importante la comunicazione con qualcuno, allora impariamo a parlare e ad ascoltare. Se desideriamo esclusivamente parlare, in sincerità riteniamo importante non la comunicazione, ma la trasmissione del nostro pensiero e l'affermazione della nostra persona rispetto agli altri. Se desideriamo esclusivamente ascoltare, in sincerità riteniamo importante non esporci e non condividere il nostro essere ed il nostro pensiero con gli altri, forse per proteggerci, per far si che esso ci appartenga e non possa essere rubato e distorto. In entrambi i casi è la paura a guidarci, specialmente quella del giudizio. Se riteniamo importante fare sesso con qualcuno, allora impariamo a condividerlo veramente e impariamo a rinunciare all'unione sessuale quando di questa non è manifestato il desiderio dall'altra persona. Se cerchiamo di portare l'altra persona a fare del sesso con noi quando essa non esprime tale desiderio, in sincerità riteniamo importante soddisfare un nostro desiderio, anche se ci si dedica al piacere dell'altra persona stiamo comunque soddisfacendo un nostro desiderio, e quindi ci interessa fare sesso con noi stessi attraverso l'altra persona e non condividere l'unione sessuale con essa. Se riteniamo importante farci sentire vicini a qualcuno, impariamo a non pretendere una risposta equivalente. Se cerchiamo di farci sentire vicini a qualcuno, con parole e gesti, finché l'altra persona non manifesta atteggiamenti equivalenti nei nostri confronti, o finché non rinunciamo, provando dispiacere poiché non abbiamo ricevuto una controparte, in sincerità riteniamo importante sentire vicina a noi l'altra persona, cercando di placare una nostra paura invece di manifestare un'emozione sincera. Ma ognuno di questi atteggiamenti nascosti è umano e non vi è nulla di cui avere paura in essi. Impariamo a viverli sinceramente, ammettendoli a noi stessi, prima di cercare di cambiarli forzando il nostro essere, creando menzogne più grandi di quelle che cerchiamo di combattere. Per risolvere un problema è necessario conoscerlo. Per conoscere un problema è necessario non averne paura. Essere sinceri con se stessi è il primo passo per conoscersi.
Immuni al gigante
Esistono due modi sicuri per rendersi immuni agli attacchi di un gigante aggressivo senza scomparire: rendersi talmente più grandi di lui che non possa nuocerci con nessuno dei suoi colpi, oppure renderci talmente piccoli che non possa recarci danno nemmeno schiacciandoci. Il secondo modo si rivela spesso più efficace, con conseguenze meno pericolose. Come affrontiamo i nostri giganti?
Friday, 23 March 2007
La danza dei demoni
Bambino, ti ascolto. Nascita. Sbattono in fretta le porte larghe, suoni e sussulti nell'aria densa di verde, gas, occhi già stanchi prima di imparare a vedere, un'asta, un tubicino, una bottiglia messa storta, non conosco i nomi per nessuna di queste cose, ma come raccontare se non grazie a ciò che ho imparato dopo? Non ho parole per l'inconscio, solo blande traduzioni delle sensazioni. Suoni nell'aria sporca di verde, sagome, ombre, voci sovrapposte, corrono veloci quanto questo spazio troppo grande per la percezione di me. Sono tutti così lontani. Forse loro sono già solidamente nel mondo. Sono tutti lontani, ma sento l'amore e la preoccupazione, l'ansia, la tensione e la paura. Vorrei sorridergli, ma il gas verde stordisce la percezione del mio involucro per il viaggio. Sto bene. Sorella morte, dolce passaggio, è già ora di andare? Pensavo di avere tante cose da fare. O forse l'avrei pensato. Buio. Luce intensa. Sorella morte mi saluta, vorrei sorridergli, ma sento un dolore troppo intenso prima di scivolare nuovamente nel buio. Luce bianca. Gabbia di plastica. Tubicini, forse mi tengono legati alla madre. Madre, padre, vi percepisco. Credo di vedervi. Vorrei sorridervi, ma i tubicini bastano appena a tenermi qui. Buio. Luce grigia. Sbarre di metallo. Mamma. Mi muovo. Gioco. Piccolo spazio. Giocherò con i pensieri. Sonno. Buio. Luce sporca. Il mio corpo è cresciuto. Dolore. Dolore troppo forte. Urlo. Mi piego su di me. Mi richiudo sul dolore, per proteggerlo, mani sulla pancia, è così prezioso, non fuggire. Urlo, piango, urlo, aiuto, che succede? Convulsione, no, dove va il dolore, corpo dritto, muscoli fulminati dalla scarica, non ho controllo, chiudi, altra fitta, cresce, aiuto, fa male, fa male, fa male, piango, urlo, vorrei urlarmi via da qui, mani sulla pancia, convulsioni, dritto, chiuso, dritto, chiuso, dritto chiuso dritto chiuso, basta! Pausa, rosso, gote calde, donna in bianco, perché piangi? Vorrei sorriderti, ma il dolore ha chiuso il mio viso in una morsa. Si riparte. Urlo, convulsione, mi rigiro, apro, mi rigiro, chiudo, mi rigiro, mi tengono, mi tengono, proteggete il dolore, devo liberarlo prima che muoia in me e vada a nascondersi dentro! Buio. Luce del cielo. Mamma chiama. Anche oggi, no, mamma, ho paura, non voglio questo momento ogni giorno, fa male, fa tanto male, lasciami giocare ancora un po', tremo di paura, non vedi? Coraggio, andiamo. Sguardo basso. Luce finta. Sento la gente parlare e non sono mai nato del tutto. Mi sento leggermente sfumato. Sento le persone parlare. Apprendo in fretta. Imparo a sentire. Sarò sempre segregato? L'ostracizzazione della mia vita terrena sarà la forza dell'umiltà che nascerà in me attendendo di essere chiamata per la rinascita, tra molti anni. Luce illusa. Ridono di me. Imparo a ridere e far ridere prima che ridano di me. Luce di fiamma per le falena. Ama la mia storia, amerò la tua immagine in me, non te, non ti vedo, amerò il tuo corpo, poi andrai. E ancora. Vieni avanti, anche te. E anche te. Sono così buono. Luce puntiforme. Ho perso tutto. Luce scura. Penitenza. Luce vera. Rinascita. Amore. Quante ferite da comprendere, quanti demoni da amare. Luce della fiamma per la danza dei demoni. Luce, luce, luce, quante menzogne, dove, dove, dove, dove ho amato l'oscurità? Dove vuole me, la sua parte, dove è stata nascosta per tutti questi anni? Eccomi, vengo a danzare con voi, euforia baccanale, occhi spalancati, occhi chiusi, occhi socchiusi, rido e urlo, canto e ballo, danza dei demoni, ho voglia di fare l'amore con voi. Buio. Riapro gli occhi, lentamente, sono immobile, senza forze, disteso, pochi secondi e sento fluire energia e coscienza. Mi alzo. Una strada deserta. Vibra, come un immagine di elettrica tensione nell'aria proiettata sul fumo della follia nei sogni, sibila, ronzio, istanti in cui vedo una stanza, troppo brevi. Strada. Edifici messi su due file parallele, ai lati, intorno, pianure verdi, grigie, scure, colline negano l'orizzonte in ogni direzione, un cielo immobile di un sole espanso in orizzontale nella sua luce, velato, un cielo troppo fermo. C'è una vecchia, dondola e ride, ritmicamente, continuamente, la stessa immagine ripetuta, la stessa voce avvizzita e tagliente che sibila dalla bocca sdentata socchiusa sulle gengive, seduta sul suo trono a dondolo, là, sotto un porticato. C'è una foglia che vola nel vento inesistente e si sgretola in fine cenere nera appena tocca terra. La vecchia mi guarda? No. Non credo. Continua a guardare un punto vuoto e ride dondolando. Continuamente. Sento delle risa all'improvviso. Giovani. Cristalline. Sopra la vecchia, edificio in mattoni rossi, nuovi, una piccola finestra quadrata, una croce bianca sul vetro. Ancora una risata divertita, genuina, fanciullesca. La finestra. So bene che nei sogni le scelte derivano dalle sensazioni. Entro. Scale scure, corrimano in legno, ebano. Piuttosto dissonante con lo stile nudo e secco dell'edificio. Salgo. Primo piano. Individuo quella che credo essere la porta della finestra. Sono porte da camere, non porte da ingresso, sono troppo sottili a prima vista. Mi avvicino. Sento la voce di una bambina. Passetti veloci. C'è un'altra voce. Vieni qui, le dice. E' una voce maschile, adulta. E' leggermente roca, molto affascinante, profonda. Di nuovo un ronzio nell'immagine, un formicolare della vista, per un istante vedo in bianco e nero, ma dura un attimo. Osservo la porta, seguendo un istinto. Il pomello della maniglia, tondo, e, sotto, il buco della serratura, tipico di una porta interna di un appartamento, sufficientemente largo per guardare attraverso. Trattengo il respiro per sentire i rumori. Mi chino, lentamente, un ginocchio per terra, l'altro piegato, mani sulle gambe, avvicino l'occhio alla serratura, espiro. Un uomo seduto su una grossa sedia di legno, di quelle che si vedevano molti anni fa, ma che non usa più nessuno, adesso ci sono solo le poltrone. Capelli neri, piuttosto lunghi, ma dal taglio tipicamente maschile, folti e disordinati, proseguono in una barba incolta, qualche pelo grigio, occhi intensi appena riconoscibili nella penombra sopra gli zigomi. Una bocca larga si intravede nella coltre nera, labbra piene dalla linea gentile, e, sopra, un dritto naso greco. Corporatura robusta, senza sembrare grasso, è vestito con una camicia di flanella a quadri rossi e neri, pantaloni scuri e pesanti, stivaletti ai piedi. Avrà una quarantina d'anni, invecchiato dalla barba folta. Vieni qui, ripete. Ecco lei. Vestitino bianco e lungo, baroccamente decorato sugli orli. La vedo di spalle. Lunghi capelli biondo scuro che raggiungono la base della schiena, lisci, molto belli. Corpo minuto su gambe secche. A giudicare dall'altezza avrà una decina d'anni. L'uomo batte una pacca accennata sulle gambe con entrambi le mani. La bimba si avvicina. Lui la prende dai fianchi senza sporgersi troppo, mentre lei alza le braccia, quindi la mette a sedere di fianco sulla gamba destra e sorride. Le gambine di lei penzolano in mezzo alle sue. La guarda in silenzio. Sorride nuovamente, dopo qualche istante. Lei si guarda le piccole mani, espandendo le dita con aria trasognante. L'uomo le tiene la mano destra dietro alla schiena e la guarda. Le accarezza i capelli. Lei continua a guardarsi le mani. Ad un tratto pare che voglia scendere, ma lui le mette la mano sinistra sulla pancia, delicatamente, e, sorridendo, le dice con quella voce profonda: "Che bella pancina. Si sente qualcosa, proprio qui, sai?". Lei resta in silenzio. "Magari aspetti un bambino". La guarda aprendo maggiormente gli occhi, quindi strizzandoli leggermente accompagnando un sorriso che si espande maggiormente. "Sarebbe il caso di controllare, sai? Non è che poi vogliamo che il bambino stia male, no?" Si solleva leggermente, lei capisce e scende, ma senza mai guardarlo. Lui esce dalla mia visuale. La piccola è in piedi, con la testa leggermente abbassata. Intravedo la sua bocca piccola, inespressiva, e gli occhi rivolti verso terra. Ha un viso molto dolce, ma non riesco a capirne l'espressione, ha un che di trasognante nel volto, è come se stesse guardando oltre il pavimento. Passi pesanti. Eccolo, è tornato. Ha un pezzo di carta ingiallita in mano. Passa davanti a lei. Mette il pezzo di carta per terra. "Guarda, qui ci sono i risultati delle ultime analisi, dovresti leggerli". La bimba resta ferma. "Davvero", insiste lui, dolcemente, ma con un pizzico di gravità nella voce, "è per il tuo bene, è importante, sai?". Adesso lei si volta. Si avvicina al pezzo di carta, ma, invece di raccattarlo, si china, si accovaccia per terra e legge, o fa finta di leggere, col ditino segue delle linee scritte che difficilmente si dovrebbero riuscire a vedere sul quel vecchio pezzo di carta ammuffita. Lui si volta. E' dietro di lei. Si inginocchia. Le accarezza la testa con una mano. "Brava", le dice. Scende con la mano giù per la schiena, lentamente. Poi mette entrambi le mani sui fianchi. "Adesso controlliamo come sta il bambino, tu non smettere di leggere, è importante". Le solleva il bacino, così che lei stia a quattro zampe. Lei si adatta alla posizione. L'uomo le prende il vestitino da dietro le ginocchia e lo solleva fin sopra la schiena. Afferra delicatamente le mutandine e le abbassa. Cosa vuole fare con quelle mani? Cosa diavolo vuole fare?! Afferro il pomello della maniglia, ho il cuore in gola, solo adesso mi rendo conto di avere il respiro accelerato e pesante, provo a girarla, ma non si muove, merda, devo aprire questa porta, scuoto la maniglia, freneticamente, ma la porta è chiusa a chiave. Al diavolo, comincio a battere i pugni contro la porta, urlando, "Apri bastardo! Apri questa porta!". Comincio a prenderla a spallate, la mia mente è fissa su quell'immagine, perché non sono intervenuto subito? Ho il cuore che esplode, lo sento nello stomaco. Bam. "Apri, figlio di puttana, apri questa cazzo di porta!", bam, "Ti strappo quelle mani di merda, hai capito? Hai capito, testa di cazzo? Eh? Mi senti, maledetto schifoso?" Bam. "Lasciala in pace!". Bam. Bam. Bam. Sto piangendo. "Lasciala in pace, hai capito?". "Non uccidere l'innocenza..." penso. Bam. Ho gli occhi chiusi, il corpo si muove da solo, ormai non mi rendo nemmeno conto di quanto stia sbattendo contro quella porta, sto perdendo coscienza. Bam... Crollo. Buio. Mi risveglio. Lascio rifluire la coscienza. Mi alzo in piedi. Un'esplosione, all'improvviso. Si espande nell'aria, mi copro le orecchie, faccio appena in tempo a voltare lo sguardo alla mia destra e vedo un altro uomo nella mia stessa posizione, distante qualche metro, prima di essere scaraventato in aria da un'onda d'urto. Chiudo gli occhi. Cado a terra, perdo conoscenza. Mi risveglio. Ho le orecchie che mi fischiano. Mi sento indolenzito, ma riesco a muovermi. Una mano afferra la mia. L'uomo di prima, mi aiuta a rialzarmi. "Tutto bene?" mi chiede. "Dove sono?". "Hmmm, non ricordi? Piattaforma due, dovresti saperlo". Mi guarda con aria interrogativa. "Sei sicuro di sentirti bene?". "Mi fischiano le orecchie". "Ci credo!" risponde e ride. "Ce la siamo vista brutta, ma siamo ancora interi!", dice sorridendo. Volta la testa al cielo e urla, mostrando entrambi i diti medi sulle braccia alzate, "Alla faccia vostra, bastardi, ci vuole ben altro per ammazzarci!". Si volta nuovamente verso di me. "Bene, adesso vediamo di andarcene da qui". Mi osserva, come aspettando che faccia qualcosa. Lo guardo. E' un ragazzo sulla trentina, viso pulito, occhi vivi, di bella presenza, magro e piuttosto alto, vestito con quella che sembra una tuta da meccanico grigio blu. Mi guardo in giro. Macerie ovunque, cemento armato ferito e distrutto. Fumo e fiamme in lontananza, non riesco a vedere l'orizzonte. Ciò che resta di una città, o qualcosa di simile a giudicare dalle rovine, molte delle quali sembrano più ciò che resta di vecchie fabbriche piuttosto che di edifici abitabili. "Ehi, tutto bene?". Mi volto. "Si, credo di si. Dove siamo?". "Te l'ho detto, piattaforma due. Devi aver preso una bella botta per non ricordarlo". "Che posto è questo, cosa sta succedendo qui?". "Proprio non ricordi nulla eh? La sirena, noi due che fuggiamo, la gente in preda al panico?". Scuoto la testa con un espressione che lascia intendere di no e che me ne rattristo, ma non posso farci molto. "Senti, non ho tempo di spiegare, adesso dobbiamo andare". Mi guarda esortandomi con un cenno della testa e comincia a camminare in mezzo alle macerie polverose. Lo seguo, frastornato. L'aria è calda e pesante ed io non ho voglia di guardarmi in giro. Provo uno strano senso di rassegnazione e confusione pacata. "Ehi, coraggio, fatti forza amico mio, dobbiamo raggiungere il bordo della piattaforma e andarcene da qui". "Non so nulla. Non so dove sono e non sono sicuro di sapere chi sono, né so cosa stia accadendo, chi sei tu e da cosa staremmo fuggendo, cos'era quell'esplosione, chi avrebbe cercato di ucciderci e dove veramente siamo diretti". "Pare davvero che dovrò rinfrescarti la memoria", ma il suo racconto viene interrotto dallo stupore sul mio viso. Un piccola visione poco lontana da me, una macchia d'azzurro che si muove. Mi avvicino cautamente mentre i miei occhi mettono a fuoco. E' una bambina, accovacciata nel suo vestitino azzurro, gioca in mezzo alla polvere con un sasso, disegnando qualcosa per terra. "Piccola, scusami...". Si volta. Un viso dolcissimo immerso in abbondanti riccioli biondi, occhi blu dall'iride immensa ed una piccola bocca che pare quella di una raffinata bambola di porcellana. "Ciao piccola. Che ci fai qui?". Sorride, ma non risponde. Si alza, si avvicina a me, mi abbraccia la vita. Avrà si e no sei anni. Le accarezzo i capelli sporchi di polvere densa. Mi guarda, le sorrido. "La mamma è stata portata via dagli uomini vestiti di blu", dice imbronciata con occhi tristi. "Garanti dell'ordine, maledetti bastardi, non hanno rispetto per i sentimenti!", dice il mio sconosciuto compagno. "Devono averla portata sull'isola centrale. E' là che dobbiamo andare anche noi, che ci piaccia o meno è l'unico posto sicuro della zona. Dobbiamo raggiungere il bordo della piattaforma. Andiamo, la bambina può venire con noi". "Adesso andiamo dalla mamma, hai sentito? Su piccola, non avere paura". Mi chino e le faccio capire che la voglio portare sulle spalle, lei capisce e monta su. Nonostante lo stordimento riesco ad equilibrarmi, le tengo le caviglie e proseguo la camminata tra le macerie. "Quanto manca al bordo?" chiedo. "Un paio di chilometri buoni, ma vedrai che se manteniamo il passo non ci metteremo molto". Resto in silenzio e cammino. E' come se non mi interessasse capire cosa stia accadendo adesso. Ho questa piccola sulle spalle e provo un profondo senso di protettività nei suoi confronti, quello che credo essere una specie di istinto paterno. Camminiamo in silenzio, passo dopo passo. Il tempo scorre senza ritmi precisi, scivolando sotto i miei piedi. "Ecco il bordo". Cerco di mettere a fuoco. La strada si interrompe. Oltre, sotto di noi, una distesa incandescente di lava e getti di fuoco che si perde dentro ad un fondale di nebbia biancastra. Spalanco lo sguardo, attonito e stupito. "Passeranno a prenderci prima o poi, non lasceranno che quelli ci ammazzino. State tranquilli", dice il ragazzo che ci ha guidati fino a quel punto. "Voglio scendere", dice sommessamente la bambina, mi inginocchio con la schiena in avanti, lentamente, e lei scende. Si avvicina al bordo e si affaccia. Mi avvicino a lei. "Dobbiamo aspettare che si raffreddi, così potranno camminarci sopra", dice la piccola, con voce tranquilla. "E tu come fai a saperlo?", le chiedo sorridendo. Si volta. Provo un senso di orrore. I suoi occhi sono completamente rossi e dei rivoli vermigli le tracciano il viso. "Non lo capisci ancora? Sono stata io a fare tutto questo!". Cade all'indietro e scompare dalla mia vista. Corro verso il bordo, ma ad ogni passo perdo sensibilità nelle gambe, crollo a terra, sto perdendo coscienza. Buio. Riapro lentamente gli occhi. Sento bruciare la guancia destra. E' quasi una sensazione piacevole a modo suo. Neve. Sono disteso nella neve. Mi sollevo lentamente, sentendo rifluire forza nelle mie membra e più acquisisco coscienza più comincio a percepire il freddo. Mi guardo attorno. Alberi spogli intorno a me. Percepisco la sensazione dei colori notturni, eppure c'è troppa luce, la neve risplende. Guardo in alto. Blu intenso, polvere di stelle nel cielo ed una luna troppo grande per sembrare vera, argentea, tanto luminosa da far risplendere la bianca coltre in cui affondano i tronchi intorno a me. Un corridoio d'alberi in fila, forse una strada coperta dalla neve. Mi incammino nella direzione della quale intravedo la fine, l'apertura in lontanaza, forse una radura. Il freddo pungente non è affatto sgradevole ed il paesaggio ispira oniriche sensazioni di rara poesia per l'intensità dei suoi colori dipinti nel silenzio di una notte senza vento. Lascio orme profonde nella neve abbondante. Fine della strada. Due case dai tetti spioventi coperti di neve, una di fronte all'altra, identiche, ai lati della strada che prosegue verso colline lontane che mi precludono la vista dell'orizzonte. Porta con porticato e due finestre ai lati per il piano terra, due finestre al primo piano ed una porta finestra centrale che offre accesso ad un piccolo balcone, una soffitta in sotto tetto con una piccola finestrella quadrata nel mezzo. Nella casa sulla mia destra la finestrella della soffitta pare illuminata da un flebile lume. Mi avvicino alla porta, provo ad aprire. Chiusa. Busso e attendo. Nessuna risposta. Busso nuovamente. Nulla. L'altra casa. Il pomello tondo della porta segue il movimento della mia mano e sento la porta sbloccarsi. Apro lentamente, mi affaccio ed entro. Penombra. Un corridoio con varie porte ed un orologio a pendolo. Delle scale sulla sinistra. Scelgo di salire. Primo piano, porte di quelle che credo essere camere. In fondo al corridoio, sul lato, una scala di legno meno pregiata di quella sulla quale sono appena salito. Salgo ancora. Una porta in fondo alla scala, provo ad aprire e scopro che non è chiusa a chiave. Apro lentamente, mi affaccio, entro. Pare una soffitta con roba ammucchiata, ma la penombra mi impedisce di distinguere nitidamente le sagome. La finestrella. Un ombra davanti, c'è qualcuno che guarda fuori, mi blocco. Sto per voltarmi e tornare indietro, ma con la coda dell'occhio vedo l'ombra voltarsi e mi irrigidisco, voltandomi nuovamente verso di lei. "Chi sei?" chiede l'ombra. "Mi scusi, credo di essermi perso nel bosco e sono entrato nella sua casa in cerca di rifugio". "Non è la mia casa, credo". Ha una voce pulita, dolce, giovanile. "Vieni avanti, non ti vedo". Mi avvicino cautamente. E' un ragazzo, non avrà più di una ventina d'anni. Tratti gentili, occhi tristi, i suoi colori si perdono nei colori della notte che filtra dai vetri. "Non so da quanto tempo sono qui", dice. Mi avvicino. Suppongo che dovrei essere io a fare domande, ma resto in silenzio. Si volta. "E' tutta la notte che guardo dalla finestra. C'è quel lume nella finestra della casa davanti, ma non vedo mai passare nessuno. Le orme, là in basso, devono essere tue". "Credo di si", rispondo allungando il collo per vedere oltre le sue spalle senza avvicinarmi troppo a lui. "E' una bella casa", dico. "Si, suppongo di si, ma non ricordo di chi sia". Silenzio. Mi avvicino di qualche passo. "Che ore saranno?", chiedo, guardando dalla finestra quel surreale cielo notturno. "Non lo so, qui non fa mai giorno". Non so che dire. Mi avvicino ancora un po'. Finalmente vedo il suo viso illuminato dalla luna. Vedo i suoi polsi, il suo collo. E' terribile. Mi chiedo in che modo riuscirò a fargli capire che è morto. Buio. Riapro gli occhi, rapidamente. Mi rialzo. I demoni dormono beati intorno al fuoco, ormai molto più basso di prima. Mi fanno tenerezza. Chiudo gli occhi, è tempo di saltare, ma non di risvegliarsi. Eccomi. Ti vedo accanto a me. E' tempo di scendere questa nuova scalinata, non con volti di ghiaccio e alabastro, ma con un sorriso antico. Credo di riuscire a sentire adesso. Ti sorrido. Andiamo, mia compagna.
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