Dall'immenso incontro dei cammini oltre gli occhi celati profondamente nascono, scivolare in lacrime, sentendosi fratelli d'anima nel tocco della pelle, tenendoci per mano dopo i ricordi di cammini che hanno un odore affine, negli avvolgenti silenzi tra parole sincere, sciogliersi l'uno sull'altra, unirsi nell'abbraccio, vivi d'emozione, vivi di sensazione che nasce dal plesso solare, dallo stomaco sospinta, e sale, trasformandosi in aria, si ferma alla base della gola nel desiderio di divenir parola, ed, esprimendosi dentro, espande un sorriso sul volto, il calore che si scioglie in lacrime solitarie e preziose, dagli occhi fluisce come spirito, onda, e vibrazione che unisce. Lacrime che si osservano dai volti vicini, salutandosi in ultimo sorriso e meraviglia, svanendo in quieto cadere, ultima poesia prima di rinascere fluendo lentamente in aria evaporante odore di vita. Infiniti noi che si abbracciano, amandosi, in ogni piccolo mondo di pelle che si incontra, mani che danzano prima di cadere nel desiderio di unirsi con forza, rinascendo nell'intensità di un movimento cercato a lungo, nel fascino dei lievi tocchi delle dita, arte in movimento che ci riporta a sentire la via degli occhi che seguono la linea del sorriso, dei tuoi dolci imbarazzi in quegli sguardi intensi, quella danza di tenera meraviglia fanciullescamente timida, piena di poesia e bellezza, del mio cadere in ogni direzione, verso di te. Porta il nostro odore sulla pelle, ebbro d'emozione, per le strade di questa città, espandilo nell'aria senza timore, nel suono caldo di una carezza, per raccontare alla vita il tuo essere, ed amarti, comunicandoci vita.
Il Principio - The Principle
Ognuno di noi possiede la verità, intraprende quindi il proprio cammino infinito per conoscerla. Questa è l'essenza del sentire, la luce dell'esistenza. Questo è il cammino che in ogni passo del sogno ci porta dal possedere la verità ad essere la verità. | Each of us possesses the truth, then undertakes his endless journey to know the truth. This is the essence of feeling, the light of existence. This is the path that in every step of the dream leads us from having the truth to being the truth. |
Friday, 30 March 2007
Thursday, 29 March 2007
My mistress' eyes
"My mistress' eyes are nothing like the sun"
Of all of her dreams, inside her I am none
Outside of her life, in the light of the moon
I'll be fading from her eyes much too soon
In her heart, in my blood, we will swoon
Of all of her dreams, inside her I am none
Outside of her life, in the light of the moon
I'll be fading from her eyes much too soon
In her heart, in my blood, we will swoon
Il passo lungo
Camminando fianco a fianco, se qualcuno farà un passo troppo lungo, si allontanerà, se non seguito. La stanchezza negli occhi, l'odore dei baci sfumati in sorrisi sul viso, il ricordo di ogni sguardo immenso in una follia che dona luce di colore al risveglio in una vita. Sorrido ancora al ricordo di ogni tuo sorriso, respiro al ricordo del tuo respiro, chiudo gli occhi al ricordo del tuo calore, mentre lascio scivolare in rivoli il sangue infetto dalle emozioni di questo giorno, affinché il mio passo non sia più lungo del tuo. C'è un tempo per ogni cosa, imparo a vedere e sentire i tuoi passi, fin quando desidererò starti accanto cercherò di non fare passi più lunghi dei tuoi, finché tu stessa non vorrai cercare un ritmo che sia nostro, dopo aver liberato le tue orme.
Monday, 26 March 2007
Non perderò il mio sorriso sincero
Dimmi che sei falsa, che sei un'attrice talmente brava da riuscire ad ingannare anche se stessa, dimmi che sono solo un giocattolo, dimmi che sono solo uno dei tuoi tanti uomini e donne, dimmi che ti stai divertendo con me, dimmi che ti faccio pena, ridimi in faccia, prova a mostrarti fredda, insensibile o crudele... il mio stomaco si chiuderà, un battito del mio cuore avrà un sussulto, poi respirerò, senza avere paura di una lacrima, sorriderò, e, se mi farai capire che ogni tua parola sarà stata vera, sarò triste per noi, e ti saluterò con lo stesso sorriso, perché ogni emozione che avrò provato sarà stata autentica e non potrai mai negarmi questo, non cadrai ai miei occhi perché non sarai stata un simbolo, non avrò dipinto una conoscenza di te sul tuo ritratto, avrò imparato a sentirti per quanto avremo voluto, pronto a non fuggire di fronte a qualsiasi onda finché avrò voluto, pronto ad essere trascinato dall'impeto della risacca senza perdere me stesso, se invece sentirò il dolore nelle tue false parole, ti abbraccerò, con lo stesso sorriso, e lascerò che tu pianga sciogliendoti su di me. E se così non dovessi fare, ma riuscissi comunque a sentire me stesso, non perderei il mio sorriso sincero essendo sincero con me stesso.
Le cose importanti
Se riteniamo qualcosa importante per noi, rispettiamola. Specialmente se coinvolge gli altri. Se riteniamo importante la comunicazione con qualcuno, allora impariamo a parlare e ad ascoltare. Se desideriamo esclusivamente parlare, in sincerità riteniamo importante non la comunicazione, ma la trasmissione del nostro pensiero e l'affermazione della nostra persona rispetto agli altri. Se desideriamo esclusivamente ascoltare, in sincerità riteniamo importante non esporci e non condividere il nostro essere ed il nostro pensiero con gli altri, forse per proteggerci, per far si che esso ci appartenga e non possa essere rubato e distorto. In entrambi i casi è la paura a guidarci, specialmente quella del giudizio. Se riteniamo importante fare sesso con qualcuno, allora impariamo a condividerlo veramente e impariamo a rinunciare all'unione sessuale quando di questa non è manifestato il desiderio dall'altra persona. Se cerchiamo di portare l'altra persona a fare del sesso con noi quando essa non esprime tale desiderio, in sincerità riteniamo importante soddisfare un nostro desiderio, anche se ci si dedica al piacere dell'altra persona stiamo comunque soddisfacendo un nostro desiderio, e quindi ci interessa fare sesso con noi stessi attraverso l'altra persona e non condividere l'unione sessuale con essa. Se riteniamo importante farci sentire vicini a qualcuno, impariamo a non pretendere una risposta equivalente. Se cerchiamo di farci sentire vicini a qualcuno, con parole e gesti, finché l'altra persona non manifesta atteggiamenti equivalenti nei nostri confronti, o finché non rinunciamo, provando dispiacere poiché non abbiamo ricevuto una controparte, in sincerità riteniamo importante sentire vicina a noi l'altra persona, cercando di placare una nostra paura invece di manifestare un'emozione sincera. Ma ognuno di questi atteggiamenti nascosti è umano e non vi è nulla di cui avere paura in essi. Impariamo a viverli sinceramente, ammettendoli a noi stessi, prima di cercare di cambiarli forzando il nostro essere, creando menzogne più grandi di quelle che cerchiamo di combattere. Per risolvere un problema è necessario conoscerlo. Per conoscere un problema è necessario non averne paura. Essere sinceri con se stessi è il primo passo per conoscersi.
Immuni al gigante
Esistono due modi sicuri per rendersi immuni agli attacchi di un gigante aggressivo senza scomparire: rendersi talmente più grandi di lui che non possa nuocerci con nessuno dei suoi colpi, oppure renderci talmente piccoli che non possa recarci danno nemmeno schiacciandoci. Il secondo modo si rivela spesso più efficace, con conseguenze meno pericolose. Come affrontiamo i nostri giganti?
Friday, 23 March 2007
La danza dei demoni
Bambino, ti ascolto. Nascita. Sbattono in fretta le porte larghe, suoni e sussulti nell'aria densa di verde, gas, occhi già stanchi prima di imparare a vedere, un'asta, un tubicino, una bottiglia messa storta, non conosco i nomi per nessuna di queste cose, ma come raccontare se non grazie a ciò che ho imparato dopo? Non ho parole per l'inconscio, solo blande traduzioni delle sensazioni. Suoni nell'aria sporca di verde, sagome, ombre, voci sovrapposte, corrono veloci quanto questo spazio troppo grande per la percezione di me. Sono tutti così lontani. Forse loro sono già solidamente nel mondo. Sono tutti lontani, ma sento l'amore e la preoccupazione, l'ansia, la tensione e la paura. Vorrei sorridergli, ma il gas verde stordisce la percezione del mio involucro per il viaggio. Sto bene. Sorella morte, dolce passaggio, è già ora di andare? Pensavo di avere tante cose da fare. O forse l'avrei pensato. Buio. Luce intensa. Sorella morte mi saluta, vorrei sorridergli, ma sento un dolore troppo intenso prima di scivolare nuovamente nel buio. Luce bianca. Gabbia di plastica. Tubicini, forse mi tengono legati alla madre. Madre, padre, vi percepisco. Credo di vedervi. Vorrei sorridervi, ma i tubicini bastano appena a tenermi qui. Buio. Luce grigia. Sbarre di metallo. Mamma. Mi muovo. Gioco. Piccolo spazio. Giocherò con i pensieri. Sonno. Buio. Luce sporca. Il mio corpo è cresciuto. Dolore. Dolore troppo forte. Urlo. Mi piego su di me. Mi richiudo sul dolore, per proteggerlo, mani sulla pancia, è così prezioso, non fuggire. Urlo, piango, urlo, aiuto, che succede? Convulsione, no, dove va il dolore, corpo dritto, muscoli fulminati dalla scarica, non ho controllo, chiudi, altra fitta, cresce, aiuto, fa male, fa male, fa male, piango, urlo, vorrei urlarmi via da qui, mani sulla pancia, convulsioni, dritto, chiuso, dritto, chiuso, dritto chiuso dritto chiuso, basta! Pausa, rosso, gote calde, donna in bianco, perché piangi? Vorrei sorriderti, ma il dolore ha chiuso il mio viso in una morsa. Si riparte. Urlo, convulsione, mi rigiro, apro, mi rigiro, chiudo, mi rigiro, mi tengono, mi tengono, proteggete il dolore, devo liberarlo prima che muoia in me e vada a nascondersi dentro! Buio. Luce del cielo. Mamma chiama. Anche oggi, no, mamma, ho paura, non voglio questo momento ogni giorno, fa male, fa tanto male, lasciami giocare ancora un po', tremo di paura, non vedi? Coraggio, andiamo. Sguardo basso. Luce finta. Sento la gente parlare e non sono mai nato del tutto. Mi sento leggermente sfumato. Sento le persone parlare. Apprendo in fretta. Imparo a sentire. Sarò sempre segregato? L'ostracizzazione della mia vita terrena sarà la forza dell'umiltà che nascerà in me attendendo di essere chiamata per la rinascita, tra molti anni. Luce illusa. Ridono di me. Imparo a ridere e far ridere prima che ridano di me. Luce di fiamma per le falena. Ama la mia storia, amerò la tua immagine in me, non te, non ti vedo, amerò il tuo corpo, poi andrai. E ancora. Vieni avanti, anche te. E anche te. Sono così buono. Luce puntiforme. Ho perso tutto. Luce scura. Penitenza. Luce vera. Rinascita. Amore. Quante ferite da comprendere, quanti demoni da amare. Luce della fiamma per la danza dei demoni. Luce, luce, luce, quante menzogne, dove, dove, dove, dove ho amato l'oscurità? Dove vuole me, la sua parte, dove è stata nascosta per tutti questi anni? Eccomi, vengo a danzare con voi, euforia baccanale, occhi spalancati, occhi chiusi, occhi socchiusi, rido e urlo, canto e ballo, danza dei demoni, ho voglia di fare l'amore con voi. Buio. Riapro gli occhi, lentamente, sono immobile, senza forze, disteso, pochi secondi e sento fluire energia e coscienza. Mi alzo. Una strada deserta. Vibra, come un immagine di elettrica tensione nell'aria proiettata sul fumo della follia nei sogni, sibila, ronzio, istanti in cui vedo una stanza, troppo brevi. Strada. Edifici messi su due file parallele, ai lati, intorno, pianure verdi, grigie, scure, colline negano l'orizzonte in ogni direzione, un cielo immobile di un sole espanso in orizzontale nella sua luce, velato, un cielo troppo fermo. C'è una vecchia, dondola e ride, ritmicamente, continuamente, la stessa immagine ripetuta, la stessa voce avvizzita e tagliente che sibila dalla bocca sdentata socchiusa sulle gengive, seduta sul suo trono a dondolo, là, sotto un porticato. C'è una foglia che vola nel vento inesistente e si sgretola in fine cenere nera appena tocca terra. La vecchia mi guarda? No. Non credo. Continua a guardare un punto vuoto e ride dondolando. Continuamente. Sento delle risa all'improvviso. Giovani. Cristalline. Sopra la vecchia, edificio in mattoni rossi, nuovi, una piccola finestra quadrata, una croce bianca sul vetro. Ancora una risata divertita, genuina, fanciullesca. La finestra. So bene che nei sogni le scelte derivano dalle sensazioni. Entro. Scale scure, corrimano in legno, ebano. Piuttosto dissonante con lo stile nudo e secco dell'edificio. Salgo. Primo piano. Individuo quella che credo essere la porta della finestra. Sono porte da camere, non porte da ingresso, sono troppo sottili a prima vista. Mi avvicino. Sento la voce di una bambina. Passetti veloci. C'è un'altra voce. Vieni qui, le dice. E' una voce maschile, adulta. E' leggermente roca, molto affascinante, profonda. Di nuovo un ronzio nell'immagine, un formicolare della vista, per un istante vedo in bianco e nero, ma dura un attimo. Osservo la porta, seguendo un istinto. Il pomello della maniglia, tondo, e, sotto, il buco della serratura, tipico di una porta interna di un appartamento, sufficientemente largo per guardare attraverso. Trattengo il respiro per sentire i rumori. Mi chino, lentamente, un ginocchio per terra, l'altro piegato, mani sulle gambe, avvicino l'occhio alla serratura, espiro. Un uomo seduto su una grossa sedia di legno, di quelle che si vedevano molti anni fa, ma che non usa più nessuno, adesso ci sono solo le poltrone. Capelli neri, piuttosto lunghi, ma dal taglio tipicamente maschile, folti e disordinati, proseguono in una barba incolta, qualche pelo grigio, occhi intensi appena riconoscibili nella penombra sopra gli zigomi. Una bocca larga si intravede nella coltre nera, labbra piene dalla linea gentile, e, sopra, un dritto naso greco. Corporatura robusta, senza sembrare grasso, è vestito con una camicia di flanella a quadri rossi e neri, pantaloni scuri e pesanti, stivaletti ai piedi. Avrà una quarantina d'anni, invecchiato dalla barba folta. Vieni qui, ripete. Ecco lei. Vestitino bianco e lungo, baroccamente decorato sugli orli. La vedo di spalle. Lunghi capelli biondo scuro che raggiungono la base della schiena, lisci, molto belli. Corpo minuto su gambe secche. A giudicare dall'altezza avrà una decina d'anni. L'uomo batte una pacca accennata sulle gambe con entrambi le mani. La bimba si avvicina. Lui la prende dai fianchi senza sporgersi troppo, mentre lei alza le braccia, quindi la mette a sedere di fianco sulla gamba destra e sorride. Le gambine di lei penzolano in mezzo alle sue. La guarda in silenzio. Sorride nuovamente, dopo qualche istante. Lei si guarda le piccole mani, espandendo le dita con aria trasognante. L'uomo le tiene la mano destra dietro alla schiena e la guarda. Le accarezza i capelli. Lei continua a guardarsi le mani. Ad un tratto pare che voglia scendere, ma lui le mette la mano sinistra sulla pancia, delicatamente, e, sorridendo, le dice con quella voce profonda: "Che bella pancina. Si sente qualcosa, proprio qui, sai?". Lei resta in silenzio. "Magari aspetti un bambino". La guarda aprendo maggiormente gli occhi, quindi strizzandoli leggermente accompagnando un sorriso che si espande maggiormente. "Sarebbe il caso di controllare, sai? Non è che poi vogliamo che il bambino stia male, no?" Si solleva leggermente, lei capisce e scende, ma senza mai guardarlo. Lui esce dalla mia visuale. La piccola è in piedi, con la testa leggermente abbassata. Intravedo la sua bocca piccola, inespressiva, e gli occhi rivolti verso terra. Ha un viso molto dolce, ma non riesco a capirne l'espressione, ha un che di trasognante nel volto, è come se stesse guardando oltre il pavimento. Passi pesanti. Eccolo, è tornato. Ha un pezzo di carta ingiallita in mano. Passa davanti a lei. Mette il pezzo di carta per terra. "Guarda, qui ci sono i risultati delle ultime analisi, dovresti leggerli". La bimba resta ferma. "Davvero", insiste lui, dolcemente, ma con un pizzico di gravità nella voce, "è per il tuo bene, è importante, sai?". Adesso lei si volta. Si avvicina al pezzo di carta, ma, invece di raccattarlo, si china, si accovaccia per terra e legge, o fa finta di leggere, col ditino segue delle linee scritte che difficilmente si dovrebbero riuscire a vedere sul quel vecchio pezzo di carta ammuffita. Lui si volta. E' dietro di lei. Si inginocchia. Le accarezza la testa con una mano. "Brava", le dice. Scende con la mano giù per la schiena, lentamente. Poi mette entrambi le mani sui fianchi. "Adesso controlliamo come sta il bambino, tu non smettere di leggere, è importante". Le solleva il bacino, così che lei stia a quattro zampe. Lei si adatta alla posizione. L'uomo le prende il vestitino da dietro le ginocchia e lo solleva fin sopra la schiena. Afferra delicatamente le mutandine e le abbassa. Cosa vuole fare con quelle mani? Cosa diavolo vuole fare?! Afferro il pomello della maniglia, ho il cuore in gola, solo adesso mi rendo conto di avere il respiro accelerato e pesante, provo a girarla, ma non si muove, merda, devo aprire questa porta, scuoto la maniglia, freneticamente, ma la porta è chiusa a chiave. Al diavolo, comincio a battere i pugni contro la porta, urlando, "Apri bastardo! Apri questa porta!". Comincio a prenderla a spallate, la mia mente è fissa su quell'immagine, perché non sono intervenuto subito? Ho il cuore che esplode, lo sento nello stomaco. Bam. "Apri, figlio di puttana, apri questa cazzo di porta!", bam, "Ti strappo quelle mani di merda, hai capito? Hai capito, testa di cazzo? Eh? Mi senti, maledetto schifoso?" Bam. "Lasciala in pace!". Bam. Bam. Bam. Sto piangendo. "Lasciala in pace, hai capito?". "Non uccidere l'innocenza..." penso. Bam. Ho gli occhi chiusi, il corpo si muove da solo, ormai non mi rendo nemmeno conto di quanto stia sbattendo contro quella porta, sto perdendo coscienza. Bam... Crollo. Buio. Mi risveglio. Lascio rifluire la coscienza. Mi alzo in piedi. Un'esplosione, all'improvviso. Si espande nell'aria, mi copro le orecchie, faccio appena in tempo a voltare lo sguardo alla mia destra e vedo un altro uomo nella mia stessa posizione, distante qualche metro, prima di essere scaraventato in aria da un'onda d'urto. Chiudo gli occhi. Cado a terra, perdo conoscenza. Mi risveglio. Ho le orecchie che mi fischiano. Mi sento indolenzito, ma riesco a muovermi. Una mano afferra la mia. L'uomo di prima, mi aiuta a rialzarmi. "Tutto bene?" mi chiede. "Dove sono?". "Hmmm, non ricordi? Piattaforma due, dovresti saperlo". Mi guarda con aria interrogativa. "Sei sicuro di sentirti bene?". "Mi fischiano le orecchie". "Ci credo!" risponde e ride. "Ce la siamo vista brutta, ma siamo ancora interi!", dice sorridendo. Volta la testa al cielo e urla, mostrando entrambi i diti medi sulle braccia alzate, "Alla faccia vostra, bastardi, ci vuole ben altro per ammazzarci!". Si volta nuovamente verso di me. "Bene, adesso vediamo di andarcene da qui". Mi osserva, come aspettando che faccia qualcosa. Lo guardo. E' un ragazzo sulla trentina, viso pulito, occhi vivi, di bella presenza, magro e piuttosto alto, vestito con quella che sembra una tuta da meccanico grigio blu. Mi guardo in giro. Macerie ovunque, cemento armato ferito e distrutto. Fumo e fiamme in lontananza, non riesco a vedere l'orizzonte. Ciò che resta di una città, o qualcosa di simile a giudicare dalle rovine, molte delle quali sembrano più ciò che resta di vecchie fabbriche piuttosto che di edifici abitabili. "Ehi, tutto bene?". Mi volto. "Si, credo di si. Dove siamo?". "Te l'ho detto, piattaforma due. Devi aver preso una bella botta per non ricordarlo". "Che posto è questo, cosa sta succedendo qui?". "Proprio non ricordi nulla eh? La sirena, noi due che fuggiamo, la gente in preda al panico?". Scuoto la testa con un espressione che lascia intendere di no e che me ne rattristo, ma non posso farci molto. "Senti, non ho tempo di spiegare, adesso dobbiamo andare". Mi guarda esortandomi con un cenno della testa e comincia a camminare in mezzo alle macerie polverose. Lo seguo, frastornato. L'aria è calda e pesante ed io non ho voglia di guardarmi in giro. Provo uno strano senso di rassegnazione e confusione pacata. "Ehi, coraggio, fatti forza amico mio, dobbiamo raggiungere il bordo della piattaforma e andarcene da qui". "Non so nulla. Non so dove sono e non sono sicuro di sapere chi sono, né so cosa stia accadendo, chi sei tu e da cosa staremmo fuggendo, cos'era quell'esplosione, chi avrebbe cercato di ucciderci e dove veramente siamo diretti". "Pare davvero che dovrò rinfrescarti la memoria", ma il suo racconto viene interrotto dallo stupore sul mio viso. Un piccola visione poco lontana da me, una macchia d'azzurro che si muove. Mi avvicino cautamente mentre i miei occhi mettono a fuoco. E' una bambina, accovacciata nel suo vestitino azzurro, gioca in mezzo alla polvere con un sasso, disegnando qualcosa per terra. "Piccola, scusami...". Si volta. Un viso dolcissimo immerso in abbondanti riccioli biondi, occhi blu dall'iride immensa ed una piccola bocca che pare quella di una raffinata bambola di porcellana. "Ciao piccola. Che ci fai qui?". Sorride, ma non risponde. Si alza, si avvicina a me, mi abbraccia la vita. Avrà si e no sei anni. Le accarezzo i capelli sporchi di polvere densa. Mi guarda, le sorrido. "La mamma è stata portata via dagli uomini vestiti di blu", dice imbronciata con occhi tristi. "Garanti dell'ordine, maledetti bastardi, non hanno rispetto per i sentimenti!", dice il mio sconosciuto compagno. "Devono averla portata sull'isola centrale. E' là che dobbiamo andare anche noi, che ci piaccia o meno è l'unico posto sicuro della zona. Dobbiamo raggiungere il bordo della piattaforma. Andiamo, la bambina può venire con noi". "Adesso andiamo dalla mamma, hai sentito? Su piccola, non avere paura". Mi chino e le faccio capire che la voglio portare sulle spalle, lei capisce e monta su. Nonostante lo stordimento riesco ad equilibrarmi, le tengo le caviglie e proseguo la camminata tra le macerie. "Quanto manca al bordo?" chiedo. "Un paio di chilometri buoni, ma vedrai che se manteniamo il passo non ci metteremo molto". Resto in silenzio e cammino. E' come se non mi interessasse capire cosa stia accadendo adesso. Ho questa piccola sulle spalle e provo un profondo senso di protettività nei suoi confronti, quello che credo essere una specie di istinto paterno. Camminiamo in silenzio, passo dopo passo. Il tempo scorre senza ritmi precisi, scivolando sotto i miei piedi. "Ecco il bordo". Cerco di mettere a fuoco. La strada si interrompe. Oltre, sotto di noi, una distesa incandescente di lava e getti di fuoco che si perde dentro ad un fondale di nebbia biancastra. Spalanco lo sguardo, attonito e stupito. "Passeranno a prenderci prima o poi, non lasceranno che quelli ci ammazzino. State tranquilli", dice il ragazzo che ci ha guidati fino a quel punto. "Voglio scendere", dice sommessamente la bambina, mi inginocchio con la schiena in avanti, lentamente, e lei scende. Si avvicina al bordo e si affaccia. Mi avvicino a lei. "Dobbiamo aspettare che si raffreddi, così potranno camminarci sopra", dice la piccola, con voce tranquilla. "E tu come fai a saperlo?", le chiedo sorridendo. Si volta. Provo un senso di orrore. I suoi occhi sono completamente rossi e dei rivoli vermigli le tracciano il viso. "Non lo capisci ancora? Sono stata io a fare tutto questo!". Cade all'indietro e scompare dalla mia vista. Corro verso il bordo, ma ad ogni passo perdo sensibilità nelle gambe, crollo a terra, sto perdendo coscienza. Buio. Riapro lentamente gli occhi. Sento bruciare la guancia destra. E' quasi una sensazione piacevole a modo suo. Neve. Sono disteso nella neve. Mi sollevo lentamente, sentendo rifluire forza nelle mie membra e più acquisisco coscienza più comincio a percepire il freddo. Mi guardo attorno. Alberi spogli intorno a me. Percepisco la sensazione dei colori notturni, eppure c'è troppa luce, la neve risplende. Guardo in alto. Blu intenso, polvere di stelle nel cielo ed una luna troppo grande per sembrare vera, argentea, tanto luminosa da far risplendere la bianca coltre in cui affondano i tronchi intorno a me. Un corridoio d'alberi in fila, forse una strada coperta dalla neve. Mi incammino nella direzione della quale intravedo la fine, l'apertura in lontanaza, forse una radura. Il freddo pungente non è affatto sgradevole ed il paesaggio ispira oniriche sensazioni di rara poesia per l'intensità dei suoi colori dipinti nel silenzio di una notte senza vento. Lascio orme profonde nella neve abbondante. Fine della strada. Due case dai tetti spioventi coperti di neve, una di fronte all'altra, identiche, ai lati della strada che prosegue verso colline lontane che mi precludono la vista dell'orizzonte. Porta con porticato e due finestre ai lati per il piano terra, due finestre al primo piano ed una porta finestra centrale che offre accesso ad un piccolo balcone, una soffitta in sotto tetto con una piccola finestrella quadrata nel mezzo. Nella casa sulla mia destra la finestrella della soffitta pare illuminata da un flebile lume. Mi avvicino alla porta, provo ad aprire. Chiusa. Busso e attendo. Nessuna risposta. Busso nuovamente. Nulla. L'altra casa. Il pomello tondo della porta segue il movimento della mia mano e sento la porta sbloccarsi. Apro lentamente, mi affaccio ed entro. Penombra. Un corridoio con varie porte ed un orologio a pendolo. Delle scale sulla sinistra. Scelgo di salire. Primo piano, porte di quelle che credo essere camere. In fondo al corridoio, sul lato, una scala di legno meno pregiata di quella sulla quale sono appena salito. Salgo ancora. Una porta in fondo alla scala, provo ad aprire e scopro che non è chiusa a chiave. Apro lentamente, mi affaccio, entro. Pare una soffitta con roba ammucchiata, ma la penombra mi impedisce di distinguere nitidamente le sagome. La finestrella. Un ombra davanti, c'è qualcuno che guarda fuori, mi blocco. Sto per voltarmi e tornare indietro, ma con la coda dell'occhio vedo l'ombra voltarsi e mi irrigidisco, voltandomi nuovamente verso di lei. "Chi sei?" chiede l'ombra. "Mi scusi, credo di essermi perso nel bosco e sono entrato nella sua casa in cerca di rifugio". "Non è la mia casa, credo". Ha una voce pulita, dolce, giovanile. "Vieni avanti, non ti vedo". Mi avvicino cautamente. E' un ragazzo, non avrà più di una ventina d'anni. Tratti gentili, occhi tristi, i suoi colori si perdono nei colori della notte che filtra dai vetri. "Non so da quanto tempo sono qui", dice. Mi avvicino. Suppongo che dovrei essere io a fare domande, ma resto in silenzio. Si volta. "E' tutta la notte che guardo dalla finestra. C'è quel lume nella finestra della casa davanti, ma non vedo mai passare nessuno. Le orme, là in basso, devono essere tue". "Credo di si", rispondo allungando il collo per vedere oltre le sue spalle senza avvicinarmi troppo a lui. "E' una bella casa", dico. "Si, suppongo di si, ma non ricordo di chi sia". Silenzio. Mi avvicino di qualche passo. "Che ore saranno?", chiedo, guardando dalla finestra quel surreale cielo notturno. "Non lo so, qui non fa mai giorno". Non so che dire. Mi avvicino ancora un po'. Finalmente vedo il suo viso illuminato dalla luna. Vedo i suoi polsi, il suo collo. E' terribile. Mi chiedo in che modo riuscirò a fargli capire che è morto. Buio. Riapro gli occhi, rapidamente. Mi rialzo. I demoni dormono beati intorno al fuoco, ormai molto più basso di prima. Mi fanno tenerezza. Chiudo gli occhi, è tempo di saltare, ma non di risvegliarsi. Eccomi. Ti vedo accanto a me. E' tempo di scendere questa nuova scalinata, non con volti di ghiaccio e alabastro, ma con un sorriso antico. Credo di riuscire a sentire adesso. Ti sorrido. Andiamo, mia compagna.
Wednesday, 21 March 2007
Quando ci sei
Non passo le giornate a pensarti e a sentirmi bene per questo. Quando non ci sei qualcosa di te mi rimane incomprensibile. Quando ci sei, non ho bisogno di comprenderlo. Quando non ci sei è bello pensarti ogni tanto. Quando ci sei crei quella magia che non riuscirò a ricordare quando te ne sarai andata. Se pensando a te, quando non sei con me, mi sentissi come quando ci sei, forse saresti solo un simbolo, guardandoti non vedrei te, ma solo uno specchio per le mie emozioni, poggiato su di te senza nemmeno chiedere il permesso. E' quando ci sei che i tuoi sguardi, i suoi silenzi, i tuoi sorrisi che nascono dal nulla e rapidamente vi ritornano, col tuo potere di trasformare così intenso e rapido da sembrare creazione e distruzione, le tue risate, la tua bellezza viva nella sua immobilità, mi portano a desiderare di non smettere mai di conquistarti, di affascinarti, di corteggiarti ogni volta che ne ho l'occasione. Quando non ci sei non riesco a riprodurre quella magia e se ti penso troppo intensamente percepisco l'assenza di qualcosa, qualcosa di indispensabile per l'emozione, che solo in tua presenza la mia pelle riesce a percepire nel tuo sguardo. Allora so di vederti davvero, pur non conoscendoti.
Tuesday, 20 March 2007
Silenzio nel respiro
Mi copro di parole nell'aria affinché non permettano ai miei silenzi di uscire. Tengo il mio universo al sicuro dalla loro intensità non del tutto controllabile e li preservo nella loro purezza originale impedendo loro di mescolarsi con gli sguardi nell'aria. L'avevo dimenticato. Stasera ho permesso, inconsapevole dell'effetto, che una piccola falla copiosa ne rilasciasse un po' e adesso hai un po' di me sotto la pelle. Così come ho un po' del tuo silenzio in quell'ultimo tratto di respiro che resta a volte per molto tempo dentro il petto prima di ritrovare lo spazio libero del cielo.
Monday, 19 March 2007
Grigio irreale
Ti avevo chiamata, in un'altra giornata grigia come questa. Adesso ricordo. A volte credo che tu rimanga in silenzio semplicemente perché non sei reale. Sei troppo vicina a tanti ricordi inventati da una fanciullesca fantasia ferita. Sei un controsenso vivente. La tua evanescente timidezza, tanto bella quando si spegne in quell'aria trasognante che scioglie i sorrisi trattenuti, non nasconde la sicurezza che dipingi in ogni nuovo mare. A volte sembri davvero una creazione della mia mente troppo stanca per continuare a resistere, ciò che non dovresti sapere la mia mente non riesce a nascondere di sapere alle sensazioni, ecco la consapevolezza sul tuo sorriso silenzioso, così non temi nulla che io non tema, non ti senti nuova a ciò al quale non mi senta nuovo. Devo essere scivolato nuovamente, distrattamente, in una copia del grigio, due stanze identiche, ma in una delle due la fiamma di una candela dona conforto e bellezza. E non invidio l'attore che recita la mia parte nella stanza buia, quel me parte di me che era qui prima di me. Attore, anche io. Anche io? Dov'è la mia vita iniziale? La sottile linea che decide quando cominciamo ad essere, a dormire e sognare, è illusoria, inafferrabile. Non sono mai esistito prima di quell'istante, ogni ricordo è stato generato con me, in quel preciso momento, ed io non ricordo il non essere. Sono in te, hai provato ad avvertirti tante volte, ma ormai è troppo esteso. Capirai solo quando sarà compiuto, e, smettendo di pensarmi, svanirò. Siamo creazioni reciproche, scegli tu chi ha cominciato per primo, deciderai chi dei due sia reale.
Saturday, 17 March 2007
Piangi, amico mio, nella stretta delle nostre mani
E ti senti come se il paradiso si fosse dimenticato di te, marciando a gloria verso un diavolo innamorato del mondo, fertile di emozioni, e non ti sai rivolgere ad un dio che risiede al di sopra del bene e del male, e la tua voce l'hai già ascoltata in silenzio senza conforto. Piangi, amico mio, la tua solitudine sarà il tuo sangue, puoi innamorarti per un nuovo dolore senza paura, piangi, amico mio, con il sorriso bello di chi è sabbia disciolta nel sentimento, piangi tutta la tua polvere dagli occhi d'opale spento, solo nel tramonto, mentre le sagome degli angeli svaniscono nell'orizzonte infuocato, troppo lontane per farti credere che il non volerle raggiungere sia solo una scusa. Piangi di gioia e dolore, amico mio, nel tuo silenzio bello quanto il mondo intero, al quale, artista, poeta, ti inchini, concludendo lo spettacolo d'arte varia di un folle sveglio in un mondo di dormienti fantastici. Meravigliosa vita di tanti te, su ogni palco ti inchini...
Quindi mi appresto a salire sul palco, mentre la platea dei miserabili e dei poveracci merita tutto il mio rispetto, sono gli unici rimasti, con le loro giacche strappate e sporche, la loro barba ingiallita che puzza ancora di whisky, mentre alcuni dormono, altri già applaudono intontiti dalla demenza. Ecco. Allungo un sorriso, mano sinistra sullo stomaco, un ampio e sinuoso volteggio della destra, un lungo e profondo inchino, le tende si stanno slacciando... ma potrebbe volerci ancora molto tempo. Resterò inchinato o improvviserò ancora lo spettacolo di arte varia per il mio pubblico assente?
Quindi mi appresto a salire sul palco, mentre la platea dei miserabili e dei poveracci merita tutto il mio rispetto, sono gli unici rimasti, con le loro giacche strappate e sporche, la loro barba ingiallita che puzza ancora di whisky, mentre alcuni dormono, altri già applaudono intontiti dalla demenza. Ecco. Allungo un sorriso, mano sinistra sullo stomaco, un ampio e sinuoso volteggio della destra, un lungo e profondo inchino, le tende si stanno slacciando... ma potrebbe volerci ancora molto tempo. Resterò inchinato o improvviserò ancora lo spettacolo di arte varia per il mio pubblico assente?
Piangi, amico mio, al suono nostalgico della pioggia rimasta nei ricordi, tu, che osservi la vita attraverso una goccia di rugiada stanca e calda, alla fine della lunga giornata. Resta il tuo vero io a leggere il copione, sorridendo, mentre ti chiedi, fremente d'aspettativa, se mai accetterà di recitare per te, se apprezzerà la sceneggiatura che con tanta dedizione e passione hai preparato. Emozionato, come ti giudicherà il tuo vero io? Perdi le battute tra un bicchiere di vino corposo, rosso e scuro come il sangue dei secoli, sdrucciolando parole troncate in poesie d'atmosfera in luce di candela espansa, piccolo grande attore uomo bambino amante. Sei il riflesso del vibrante fremito emozionale che affonda nel brillare dei suoi occhi lucidi e vivi, stai cadendo. Piangi, amico mio, sorridi al ricordo di un sorriso strappato talmente in fretta al respiro da restare nell'aria come il ricordo del primo vagito di un bimbo mai nato, tirato via dal lato tagliato d'ombra della sua bocca, allungato dallo sforzo di volgere impercettibilmente la testa, occhi bassi rapidamente ravvivati, labbra piene assottigliate, cosa provi, amico mio? Ridi, ridi al sole solo, ridi, quando ne vedrai più d'uno spalancherai lo sguardo per ridere con passione folle, ebbro di lacrime in gola. Piangi, amico mio, perché ti voglio bene e ti graffio ogni volta che stringo la tua mano, che un tempo timidamente porgesti finché non imparasti che ti avrebbe fatto male davvero il momento in cui l'avrei afferrata, e ora non temi più il dolore che provoca la stretta forte tra noi, sai che quello è il tuo rifugio, prima che qualcuno lo rubi. No, pallido opale nell'iride, profondo ancora, senza la superficie di vetro opaco che protegga e nasconda la bellezza. Sognami, ed io urlerò il nome della tua casa.
Friday, 16 March 2007
Il calore della terra
...ti farò premere fortemente le mani sulla terra, come un bambino le premerebbe sulla madre per sentirla...
... e ne sentirai il calore. Lo sentirai pervadere i palmi delle tue mani, riuscirai a sentire gli alberi intorno a te, muoverai le loro fronde nel vento e comprenderai la voce del cielo. Non cadere nell'illusione, ascolta il messaggio, non desiderare che quel calore provenga realmente dalla terra. Saprai bene che sarà stato il sole a donare quel calore alla terra che in se lo avrà custodito rendendolo al tuo tocco profondo. Sentirai di aver vissuto un'illusione? Per l'universo siamo il tempo di un atomo, la bellezza sta in noi, nel sole l'aria si fonde in oceani di fuoco, dal sole non vedi il tramonto, non senti la musica cristallina di un ruscello in lontananza, non senti il vento fresco far vibrare la tua pelle, mentre godi della meraviglia che provi nel sentire il calore della madre nella terra. Siamo noi la nostra stessa bellezza, la poesia del mondo risiede in noi. Perde la sua poesia quel calore sapendo che esso non nasce dalla madre sulla quale poggi le mani? Lo senti meno autentico? Perde di significato quel calore che cerchi sapendo che il sole lo ha donato anche alle tue mani? Staccherai le mani da terra per rivolgerle verso il sole? Il maestro comprende la verità oltre i miracoli, impara a farli proprio quando non ne ha più desiderio, impara a meravigliarsi di tutto e a non sorprendersi di nulla, impara a sentire il calore della madre proprio quando supera l'illusione e comprende che quel calore donato dal sole alla terra è veramente il calore della madre, il calore che cerca con i palmi, perché vera è la sua emozione, vere sono le sue sensazioni. Egli impara ad amare l'illusione, conoscendola, così come impara a conoscerla, amandola. Se il maestro amasse la sua compagna e ed ella si rivelasse non essere colei della quale avrebbe avuto ricordo sino a quel momento, sarebbero state meno vere le sue emozioni? Sarebbero state meno sincere e meno profonde le sue parole? Sarebbero stati privi di poesia i suoi silenzi? Sarebbero stati privi di bellezza i suoi sguardi? Supera le illusioni, libera il tuo spirito, espandi l'anima oltre l'illusione ed avvolgi l'universo, senti il calore della terra nei palmi delle tue mani.
... e ne sentirai il calore. Lo sentirai pervadere i palmi delle tue mani, riuscirai a sentire gli alberi intorno a te, muoverai le loro fronde nel vento e comprenderai la voce del cielo. Non cadere nell'illusione, ascolta il messaggio, non desiderare che quel calore provenga realmente dalla terra. Saprai bene che sarà stato il sole a donare quel calore alla terra che in se lo avrà custodito rendendolo al tuo tocco profondo. Sentirai di aver vissuto un'illusione? Per l'universo siamo il tempo di un atomo, la bellezza sta in noi, nel sole l'aria si fonde in oceani di fuoco, dal sole non vedi il tramonto, non senti la musica cristallina di un ruscello in lontananza, non senti il vento fresco far vibrare la tua pelle, mentre godi della meraviglia che provi nel sentire il calore della madre nella terra. Siamo noi la nostra stessa bellezza, la poesia del mondo risiede in noi. Perde la sua poesia quel calore sapendo che esso non nasce dalla madre sulla quale poggi le mani? Lo senti meno autentico? Perde di significato quel calore che cerchi sapendo che il sole lo ha donato anche alle tue mani? Staccherai le mani da terra per rivolgerle verso il sole? Il maestro comprende la verità oltre i miracoli, impara a farli proprio quando non ne ha più desiderio, impara a meravigliarsi di tutto e a non sorprendersi di nulla, impara a sentire il calore della madre proprio quando supera l'illusione e comprende che quel calore donato dal sole alla terra è veramente il calore della madre, il calore che cerca con i palmi, perché vera è la sua emozione, vere sono le sue sensazioni. Egli impara ad amare l'illusione, conoscendola, così come impara a conoscerla, amandola. Se il maestro amasse la sua compagna e ed ella si rivelasse non essere colei della quale avrebbe avuto ricordo sino a quel momento, sarebbero state meno vere le sue emozioni? Sarebbero state meno sincere e meno profonde le sue parole? Sarebbero stati privi di poesia i suoi silenzi? Sarebbero stati privi di bellezza i suoi sguardi? Supera le illusioni, libera il tuo spirito, espandi l'anima oltre l'illusione ed avvolgi l'universo, senti il calore della terra nei palmi delle tue mani.
La bellezza è la profonda espressione del proprio essere
"La bellezza è la profonda espressione del proprio essere"
Catherine
Ti ringrazio per questa frase. In essa vedo la tua bellezza. Dissi: la bellezza nasce dall'unione di armonia e contrasto. Ed ecco la tua frase meravigliosa: ecco il pittore che vede il quadro in se, il compositore che sente in se la musica, nel profondo trova la bellezza, ed ecco che la esprime, le dà una forma, la fa nascere nel mondo, come arte, come stupenda illusione, ed ecco quella bellezza che appartiene al suo essere espressa profondamente nella sua arte, ecco la bellezza di chi percepisce la meraviglia di quell'illusione stupenda in arte manifestata, e la bellezza non sta nel quadro, la bellezza non sta nelle onde melodiche, la bellezza sta in chi osserva il quadro, in chi ascolta la musica, in chi prova l'emozione e sente e vede la bellezza, e ne possiede l'essenza in ricordo, in sensazione, cogliendo quella profonda unione di armonia e contrasto che lo fa vibrare. Ecco la bellezza delle parole in musica. I nostri pensieri sono amanti, Catherine.
Thursday, 15 March 2007
Burattini burattinai
Provate ad occupare un posto di responsabilità con risorse limitate ed insufficienti per soddisfare tutti quelli che dovreste cercare di soddisfare, voi stessi compresi, forse vedrete le cose da un altro punto di vista. E' facile criticare quando si pensa solo a se stessi ed al proprio interesse, è facile porre in risalto il proprio problema, la propria situazione, così che tutti ritengano che qualcosa vada fatto per risolverla, ma chi è veramente disposto a rinunciare in parte alla soluzione del proprio problema in favore della risoluzione dei problemi altrui? Chi realmente è pronto a sacrificare se stesso per la giustizia da altri reclamata? E veramente riuscirà, chi occupa il posto di responsabilità e sarebbe tenuto a risolvere i problemi di tutti, a restare solido con le proprie idee, a non pensare solo a se stesso, ad accettare le opinioni di tutti e ad ascoltare con pazienza richieste e critiche? Gli oppositori, tanto quanto i sostenitori, quando accecati dalla lotta d'opinione, dal far valere la propria idea al di sopra di quella altrui, fanno parte del sistema al quale si oppongono, sono previsti, lo rinforzano a loro insaputa, sono anche essi marionette nelle mani di coloro i quali controllano le marionette vestite da burattinai. Controllare la conoscenza equivale a controllare il potere, avere la facoltà di manipolare l'informazione permette di generare l'illusione della libertà in coloro i quali si rivelano essere inconsce pedine. Le idee libere espresse da chi non ha paura di perderle voleranno sempre libere. La verità è dentro di noi. La verità è libertà.
Wednesday, 14 March 2007
Regalo
Quando faccio un regalo, lo faccio per il presente, non per il passato, non per il futuro. Così non mi pentirò di averlo fatto.
Sopravvivenza
Nel nido, ogni uccellino pigola verso la madre piangendo per il poco cibo ricevuto, senza pensare ai suoi fratelli. Se il cibo che la madre riuscisse a procurare col massimo dei suoi sforzi risultasse comunque insufficiente nel caso in cui venisse frazionato per il numero dei figli, distribuendolo equamente tra di essi aumenterebbe la probabilità di morte per tutti. Se lei stessa rinunciasse a mangiare per soddisfare i propri figli, la sua morte risulterebbe poi in una condanna per loro. Ecco che i figli più forti emergeranno, prevalendo sui più deboli, divenendo ancora più forti, mentre i deboli si indeboliranno ulteriormente, avvicinandosi sempre di più alla morte. Eppure, se ognuno dei figli, invece di sprecar energie a pigolare e combattere contro i suoi vicini, si sforzasse insieme ad essi per preservare il suo fratello, concedendo il suo calore, il suo spazio, in un gesto di altruismo ed equilibrio, ritenendo il mantenimento della sua vita importante in quanto utile al mantenimento di quella degli altri ed al contempo così facesse ogni altro figlio, forse tutti potrebbero sopravvivere. Crescerebbero deboli? Come farebbero poi a sopravvivere nel mondo esterno al nido? Sarebbero troppo deboli rispetto agli uccelli cresciuti prevalendo sui fratelli, rafforzati oltre che sopravvissuti. Se tutti gli uccelli modificassero il loro stile di vita secondo un principio di convivenza, aumenterebbe la probabilità di sopravvivenza per tutti? Sarebbe meno freddo il vento? Sarebbero più gentili i predatori? Vi è un equilibrio naturale, che da sempre funziona, incentrato sull'universalità vitale, orientato al tutto e non al singolo, l'animale non umano è egocentrico, non egoista, accetta la morte senza protestare, accetta il dolore, pur sforzandosi di preservare la propria vita, il suo dolore non diventa motivo per arrecarne al prossimo, la sua morte non diviene motivo di vendetta, la sua vita è orientata alla preservazione della specie più che alla preservazione del singolo, così come la preservazione della sua specie è orientata alla preservazione dell'equilibrio del mondo intero, più che alla preservazione del proprio, egli è ogni animale, ogni cosa, è il mondo intero, l'intero universo, la sua vita è sincera.
Sunday, 11 March 2007
Si tu me parles d'amour
Si tu me parles d'amour, je me souvien de rien, si tu me parles de toi, je me souvien de l'amour.
Friday, 9 March 2007
Onda d'oceano
Mare calmo, fiume caldo, cielo limpido, le stelle all'improvviso, il vento reciso, le onde di cristallo, immobili, respiro smarrito, i suoi occhi, il calore che mi chiama, dal nulla il crescente boato nell'immobilità, vita immensa, nubi di tempesta dai colori del fulmine, il mare s'apre, s'illumina nel cielo, onde furenti, amanti, avvolgenti, nella pelle, crescenti, s'innalzano alla luna, sfiorano le stelle, ricadono con fragore divino abbracciando il mare intero, denso, implodo, sempre più denso, l'universo in me cade come goccia dal cielo lontano nel cuore della terra nascosto, chiamando casa, sotto l'ultima terra coperta dall'oceano infinito, cade lentamente, in un lunghissimo istante ogni cosa rallenta, fuori e dentro me vivo il tempo della polvere che si scosta gentile, sempre più lento, fino al tempo degli atomi, infinitesimo d'anima, goccia nel mare, penetri nella superficie, sciogliendo la tua pelle di cristallo sottile, che in quella dell'acqua se stessa ritrova e ad essa abbandoni, l'onda universale che racchiudi si spande decisa, un onda circolare dai bordi cigliati a spirale, onda nell'onda, veloce conquisti il mio oceano infinito, l'impulso della tua voce, espandi te stessa potente e veloce, apro gli occhi allo sguardo riconquistato, avvicinandomi al bordo di me per rivedere il tempo reale e vedo l'onda delle mie mani cercare il tuo viso, la meraviglia che si annuncia, sciogliendosi come goccia di inevitabile colore nei tuoi occhi, scivola l'oceano sulle mie braccia, scivola la risacca sulla punta delle mie dita, scivola esplodendo nel cuore, onde nei battiti, esplode la mente infrangendo pensieri ovunque nella stanza, schegge iridate d'opale, frammenti di un io protetto che apre in me il suo abbraccio eterno, ti stringo, e sono mare in tempesta su di te, ti avvolgo con le mie onde, m'infrango sulle tue, sento l'odore dei baci sulla pelle farsi uno, la sensualità d'un ricordo atavico, e uno saremo noi per l'istante eterno del mio universo che il tuo cerca, ti avvolgo con forza, ti stringo, ricordo l'istinto al tuo calore, il tuo collo è poesia d'alabastro che come predatore stringo nel mio sorriso di forma nuova, affondando nella tensione del tuo sangue, sento gemere il tuo respiro e le tue onde farsi artigli del desiderio, al mio oceano ti stringi, la mia schiena è il lo spazio delle tue onde di superficie, la mia bocca lo squarcio nel cielo, il mio ventre accoglie la tua corrente di fondale, siamo onde nelle onde, amanti universali, ecco che lo spazio si scioglie nel tempo che pervade le scelte del cuore, il mare s'inverte col cielo, ti stringo, siamo sfera, turbiniamo, mi faccio preda, sto per concedermi al tuo universo, sacrificio volontario per il tuo corpo e meraviglia dei tuoi occhi nuovi, ti stringo portandoti sopra di me, sarai il mare che piove onde dal cielo, ricoprendomi con la tua notte, come il fiume nel mare sto giungendo a te, l'onda di cielo sulle acque cristalline, l'onda di cielo che tutto ricopre senza toccare, passo le mie onde sul tuo corpo, ecco l'universo, lo sfioro in un istante, mentre tutto si sgretola richiamato in polvere volante, la mia anima è luce e oscurità, il bambino tocca la sfera d'universo, lentamente, un istante, mentre io aumento l'intensità delle onde oltre la comprensione della tua mente, e sento la meraviglia nei tuoi occhi immensi, nella tua notte giungo, la apro alla luce del giorno nascosta in te, mi accogli, tremante, e sono tutto, sono ogni pensiero, ogni odore, ogni immagine e visione, ogni racconto, ogni vita, sono la foglia che cade vicina ad ogni morte ed annuncio la rinascita, sono la goccia di cera che ferma la sua corsa completando l'opera d'arte della fiamma, sono gli occhi di un cerbiatto che corre, sono la fierezza del ghepardo predatore libero, la saggezza dell'elefante che si dirige a morire con onore, la minuziosità della formica instancabile, il volo libero di un gabbiano nell'aria salmastra, le nuvole che mille immagini sono in una, perso nel tuo cielo, morto nel mio cielo, piovuto nel nostro sono ancora il mare che allaga la stanza, evapora oltre la finestra in pioggia sottile, talmente fine da non cadere se non verso le stelle, sono la mano che penetra le onde del tuo ventre come un bambino che cerca l'ultimo istante della madre prima di crescere, mi inebrio della tua meraviglia che scivola come ingrediente segreto nel piacere che sciogli su di me, mi ricongiungo all'oceano, sono la conoscenza, il desiderio, sono spirito, mente e corpo universali, sono me, sono te, sono con te, non sono più me e sono io, cado in ogni direzione nel sorriso dell'ultima onda senza confini. Sento le spalle allargarsi, mi abbandono all'abbraccio aperto che chiama solo il tuo sguardo, inarco la schiena sotto il tuo oceano intero, posso sorreggere tutta la tua vita eterna in un istante, sono il tutto e il nulla e sto ritornando essenza in me, battito dopo battito, torno a casa oltre la casa che non c'è, sono il respiro libero che ritorna dal suo viaggio in noi e nell'universo, in ogni particella del sogno, sorrido, lascio che la testa racconti arabeschi immaginandoti negli occhi socchiusi, nel mare che ora con onde ampie ti accarezza senza toccarti e lentamente continua ad allagare l'universo per conoscerlo, torna in me, cela il ricordo del tutto e del nulla, del tempo oltre l'illusione dove tempo non è, amante infinito della sua stessa immagine di spazio oltre l'illusione, dove spazio non è, eccomi, sono io, colmo di noi, eccomi, sono io, traboccante di noi, eccomi, sono io, rinato con te.
Thursday, 8 March 2007
Nel tuo abbraccio annego la mia vista
Nel tuo abbraccio annego la mia vista
E naufrago nel mare di emozioni
Senza tempo, senza età, senza ricordi
Non riesco più a dar nomi alle illusioni
E sento il corpo fondersi volando
Nell'odore dei colori senza forma
Il mondo e i pensieri miei si uniscono
Siamo entrambi un passo senza orma
E sento ogni tuo battito vibrante
Sulla pelle nell'onda di calore
E volo col respiro nei tuoi sogni
E rinasco perché in te il mio nome muore
E naufrago nel mare di emozioni
Senza tempo, senza età, senza ricordi
Non riesco più a dar nomi alle illusioni
E sento il corpo fondersi volando
Nell'odore dei colori senza forma
Il mondo e i pensieri miei si uniscono
Siamo entrambi un passo senza orma
E sento ogni tuo battito vibrante
Sulla pelle nell'onda di calore
E volo col respiro nei tuoi sogni
E rinasco perché in te il mio nome muore
Wednesday, 7 March 2007
Exile
La pioggia che lievemente si annuncia nel torpore di un risveglio notturno, bussando di passaggio sulle persiane chiuse. La luce della candela grande come non mai, nel buio di un mattino lontano del quale si riesce solo ad immaginare la sagoma imminente spuntare all'orizzonte negato alla vista, nei piccoli spazi che la pioggia riempie con le sue mille immagini sul quadro. Le lenzuola scomposte. Il mio letto vicino al soffitto. La fiamma della candela ancora viva, poggiata poco stabilmente sull'angolo del mobile. Il suo viso, nei giochi di luce ed ombra, fiamme sulla pelle bianca. Torpore dei sogni ancora sulla pelle dei miei pensieri, mentre lentamente allagano questa piccola realtà. Sento il calore del suo corpo, dorme profondamente come raramente direbbe di fare. Le gambe accovacciate alla rinfusa vicino al mio calore, le braccia che dipingono un desiderio di espansione e protezione, indecise in un istante interminabile, il viso, vero, rilassato, i lineamenti originali, oltre i racconti, oltre gli sguardi con cui avvolgeva la stanza prima di addormentarsi, oltre quelle risa che dal nulla si espandevano in sorrisi aperti dalla sua voce, argentea, oltre quei silenzi dipinti in ogni suo tratto, quando ancora nel suo niente si perdeva, quando ancora il suo niente era l'unica risposta dal suo vuoto interposta alle vere parole per le mie domande. Ed io, sveglio, in un tempo eterno, in un luogo lontano dalla vita della veglia, pareti che abbracciano la luce per accarezzare e nutrire l'ombra degli amanti, perse nel vuoto oltre un pensiero universale del mio mondo. Immagino l'odore dell'errore sulle mie mani, quando pur di unirci sono passate oltre la sua immagine, ed entrambi siamo fuggiti lasciando pelle vuota dal calore svanente. Sono in esilio, non c'è più casa in me, ed in esilio ho trovato te, che della tua patria non parli, chiamandola niente quando ne chiedo il nome, chiamando niente il nostro abbraccio triste, immerso in una tristezza più profonda, tanto da sembrare felice. Siamo soli insieme, mia compagna. Allora camminiamo ancora un po', forse, quando siamo scivolati in quella curva, il mondo si è distratto per un attimo. La strada del fiume è tortuosa, ma è la sua migliore, la strada della libertà passa dall'esilio e tu, straniera, sarai mondo senza mondo, nel mio ed al mio fianco, sullo stesso gradino del pendio, l'ultimo sorriso vero in silenzio. Niente.
Monday, 5 March 2007
Camminando in un racconto di primavera
Sono stato nei boschi, ho respirato la vista dei blocchi antichi del monastero, ho sentito il calore dei colori, in questo racconto di primavera, ho sorriso ai giochi dei bambini ed ai ricordi dei miei, ho lasciato che i suoni si unissero al mio silenzio, inebriandomi di tutto, mi sono avvicinato al cielo limpido con passi lunghi, su per la collina, e ho goduto del conforto del sole, ricordando la rossa luna che ho sognato questa notte, il mistero della sua voce. Ho ascoltato il dolore di oggi, l'ho abbracciato e ho lasciato la porta aperta, con un sorriso, ed egli timidamente sta imparando ad uscire nel suo nuovo mondo, lontano da me. Sono stato abituato per una vita a pratiche spirituali chiuso in una stanza, palpebre serrate, silenzio e concentrazione, ma nulla trovo di maggiormente spirituale del mondo stesso, della bellezza di un racconto di primavera nel sole, o della poesia del silenzio invernale sotto la luna. Una rinascita meravigliosa.
Sunday, 4 March 2007
Maestro
Così rifiutai la carica di maestro, poiché io stesso sono un discepolo di me stesso e nulla agli altri discepoli potrò insegnare, bensì loro stessi impareranno da me ciò che vorranno, così come io imparerò da loro ciò che vorrò imparare. Ognuno è maestro di se stesso.
Saturday, 3 March 2007
Friday, 2 March 2007
Illusioni ed emozioni
Non credo nel messaggero, credo nel messaggio. Non credo nell'amore umano, credo nelle emozioni. Non credo nelle illusioni, credo nel mio vero io. Se dovessi innamorarmi ed un giorno scoprire che la persona che tanto ho amato non era affatto chi pensavo, che mi ha ingannato, che mi sono illuso, tutte le emozioni che avrei provato per quella persona, sarebbero forse meno autentiche? Una storia d'amore è, per me, sempre un'illusione, l'unione con una persona che non conosco e che non conoscerò mai del tutto, eppure i miei sentimenti, le mie emozioni, sono autentici, così come possono esserlo i suoi. Per questo non temo d'innamorarmi, poiché non pretendo né mi aspetto nulla, se non di amare sinceramente. Non temo di soffire, poiché soffrirei sinceramente. Non temo di avere paura, poiché avrei paura sinceramente. E l'amore è solo un nome per le emozioni, i pensieri, i sentimenti, i ricordi ed i sogni che mi legano alla mia compagna. Catherine, sorrido all'idea di riempirmi di emozione, che sia gioia o dolore, sorrido e non vi è nessuna delle tue lacrime, per quanto possa credere, in grado di decidere l'esistenza di quel sorriso in mia vece. La sofferenza di chi sinceramente si ascolta è sua amica vera e non lo inonderà per annegarlo, bensì lo avvolgerà per innalzarlo, anche se prima dovrà trascinarlo giù, nel buio profondo della solitudine, per proteggerlo dai treni della vita che furiosamente stenderanno le loro rotaie odorando la fragilità della vittima, pronti a colpire ed a strappare la carne in un acuto orrore di stridenti lamine metalliche fino ad urlare in immagini il loro inno statuario al dolore lancinante. Là, dove la sincera sofferenza mi porta, i mostri di ferro non sentono il mio odore, finché quell'odore di fragilità svanisce, ed io sono ben più grande dei treni, pronto a vederli innocui, battere piccoli contro le mie caviglie, come giocattoli, e mai, credo, farei loro del male. Così, darai il nome che vorrai a me, quando mi abbraccerai, e, seppur solo te puoi salvare te stessa, potrai riposare le tue membra pallide nel nostro forte abbraccio, che potrà spezzarsi in ogni istante, ma che, culla di un dolore sincero, potrebbe proteggerti anche quando svanirà. L'odore di un innamorato vero è stupendo, un'illusione che vale una vita, te la auguro di cuore. Mi auguro di innamorarmi di te, mia compagna, quando il mio io vorrà che il tempo sia giunto.
How many times has Catherine cried?
How many times has Catherine cried, in these days of deceit, betrayed by the arriving end of loneliness, struggling to hold her beauty in the dark recesses of her unspoken still heart, scratching the surface she never wanted to reach? I'm just a cold shaking child behind her throne, never part of her world, only a left over image, as dangerous as a falling leaf in an autumn poem, silent, like her tears. Oh, her hair, the way every soul she created for each dark line now shades her face, and tears seem to have come from far away, deep inside, where her true self has been waiting, so silently, so patiently, her true self has been loving her so painfully, accepting to be hidden ad chained, unable in actions, but not in feelings, and all this time she has loved Catherine, who chose not to love. Catherine, great as you wanted to be, don't fail for fear, don't be scared of frailty, should you fall and shatter, broken dreams will be reborn joining for your image to keep. Should you resist your own truth, turning blind your pure strength, your poetry, your children, will walk away, and hollow shell your image will be, only empty words will remain like falling feathers on your pale skin, dying in the cold touch of your everlasting stillness, 'cause dreams need to shatter when their glass surface becomes too cold and thick to let them breathe.
Don't believe in my words, they could be wrong. Don't look for me, I could shiver and turn to sand in your own hands by the power of your will. Turn around, I'll be where you'll want me to be, if there will be the place where my own childish day will have led my tiny steps.
Oh, I believe you wept, I believe you'll still claim your will to fade without a trace, but a path of tears will never be wiped away by it's own creator, so don't embrace your hollow hope, don't just sit and wait for your image to wither eternally and to burn up in searing white flames in the end of existence, leaving nothing but the scent of dark ashes. Embrace your darkest fear, the true cradle of every single tear, and Catherine's voice will gently lay on eternal winds in your own soul's universe, playing with light and darkness for the rest of your existence. Her voice will be yours to hear any time you'll desire as if she was near, everywhere, free as a child at home, and nevermore held in the prison where your true loving self awaits, with tears of beauty that never fall. How many times have you cried, dear Catherine?
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